
Il sondaggista, direttore di Ipr marketing, parte da una considerazione: «Ormai la politica si fa in televisione.

Mac'è un cambiamento: fino a poco tempo fa i partiti politici la approcciavano con un contenuto. In questo momento, invece, si è passati dal contenuto al contenitore. Nel senso che si mette in discussione la veridicità del contenitore». Ma la battaglia sulla tv è così importante? «È chiaro che la televisione non è in cima alla lista dei problemi degli italiani quindi la battaglia sulla tv non è sicuramente prioritaria in questo momento. Ma è altrettanto chiaro che la politica in video genera consenso. Il grande bluff sta nel fatto che molto spesso si confonde l'Auditel con il consenso. La televisione non è il voto politico. Anche perché dall'altra parte non c'è un telespettatore passivo completamente accondiscendente rispetto a quello che vede. Noi confondiamo molto spesso l'Auditel con un voto di consenso. Per il politico l'Auditel è importante perché indica la platea di italiani cui può rivolgersi, ma poi si deve giocare bene il contenuto di ciò che dice. Altrimenti rischia di essere un boomerang».
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