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Il Cav "arma" il Pdl contro Fli
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L'appuntamento per dare una sterzata al partito è fissato per mercoledì. Il Pdl è in fibrillazione e la riorganizzazione sempre più appare come un passaggio obbligato. Berlusconi ieri è rientrato, con un giorno d'anticipo, a Roma per seguire da vicino l'affaire Antigua. Il premier non intende dare un seguito all'ipotesi del «patto del trampolino» lanciato dalla Lega (un patto a tre ipotizzato da Calderoli) e pensa che a contare siano solo i fatti, e che le carte con Fli si scopriranno in Parlamento quando si andrà a discutere la riforma della giustizia. Il pacchetto giustizia finirà per essere l'ultimo tra i cinque punti programmatici, perché serve tempo alla trattativa (gestita dalla coppia Ghedini-Bongiorno, dal Guardasigilli Angelino Alfano ma soprattutto affidata alla mediazione alta di Gianni Letta). La priorità è quindi il partito. Sul territorio si moltiplicano i segnali di malessere che spesso sfociano nella richiesta di un azzeramento dei coordinatori visti come i responsabili della cattiva gestione del partito e di non aver saputo evitare o quantomeno prevedere la scissione dei finiani. È lo strappo di Fini e il percorso che il presidente della Camera sta costruendo, ciò che preoccupa di più. I segni della crisi appaiono ovunque. Nel Lazio il capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchito ha costruito una corrente per arginare il potere di Alemanno e della Polverini nella regione; in Toscana è ormai scontro aperto tra Debora Bergamini e Denis Verdini; in Sardegna regna il caos nonostante Cappellacci abbia formato una nuova giunta dopo aver azzerato la precedente; in Puglia è evidente il braccio di ferro tra il ministro Fitto e vicecapogruppo Quagliariello; la Campania è prossima al collasso spaccata tra i sostenitori del coordinatore Cosentino e del governatore Caldoro. E c'è tensione anche tra Cosentino e il vice Landolfi; in Sicilia la situazione non è meno complessa: il Pdl è passato all'opposizione della giunta Lombardo e c'è il partito di Miccichè. La riorganizzazione del partito parte dalla ridefinizione degli equilibri tra ex An e FI; entrambi, per ragioni diverse, temono l'aumento di peso dell'altro. Al momento Berlusconi non intende azzerare i coordinatori. Il segnale sarebbe troppo forte e vorrebbe dire la sconfessione della politica finora perseguita dal Pdl. Vorrebbe dire dare ragione alle polemiche dei finiani. La rivoluzione quindi partirebbe dal basso, sul territorio. I cambiamenti si limiterebbero solo ai coordinatori provinciali e regionali, che verrebbero sostituiti con un meccanismo simile a quello delle primarie. L'ipotesi allo studio è quella di affidare all'assemblea degli eletti del Pdl (formata dai parlamentari, dai consiglieri regionali, dai sindaci) la facoltà di indicare una rosa di nomi per i coordinatori comunali e provinciali da sottoporre poi all'esame definitivo del premier. I coordinatori regionali invece saranno votati sempre dalla stessa platea allargata di eletti, ma se questi non dovessero riuscire ad accordarsi su un nome con un quorum del 70%, allora la scelta tornerà a Berlusconi. La «democratizzazione» comporta anche l'avvio del tesseramento, in vista dei congressi locali del 2011. Berlusconi sa bene che il tallone d'Achille del Pdl è ora il territorio più che le posizioni di vertice. Futuro e Libertà si sta organizzando mettendo radici ovunque. la forza dei finiani è di avere una cultura di partito che invece rappresenta un deficit per il Pdl, strutturato come espressione diretta del presidente Berlusconi. L'idea del premier sarebbe quindi di tornare a una specia di riedizione di Forza Italia, una macchina per il consenso. Ci sono poi alcune situazioni che vanno affrontate e risolte subito; a cominciare da alcune caselle lasciate vuote da Fli che vanno riempite. Tra queste, quelle di Roberto Menia, sottosegretario all'Ambiente, dimessosi da vicecoordinatore regionale del Friuli Venezia Giulia; di Enzo Raisi, che ha lasciato l'incarico di coordinatore provinciale a Bologna; di Giulia Cosenza, dimessasi da coordinatore provinciale in Irpinia. Senza contare quei posti ora vacanti nel direttivo del gruppo parlamentare. Uno in particolare: quello occupato dal finiano Carmelo Briguglio, che nel Pdl rivestiva l'incarico di vicepresidente dei deputati e responsabile della formazione nazionale del partito.
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