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Fini esulta: fiducia nei pm E prepara l'assalto a Silvio

Gianfranco Fini

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Una giornata così, Gianfranco Fini non la viveva da un po'. Intanto l'affaire Montecarlo: finalmente, dal Principato, è arrivata una buona notizia. Il valore dell'immobile indicato nel 1999 nell'atto di successione è stato ritenuto congruo dalle autorità monegasche. Il presidente della Camera, ancora amareggiato per «il fango» che è stato buttato addosso a lui e alla sua famiglia, può dirsi soddisfatto: «Era quel che attendevamo. Adesso restiamo serenamente in attesa che la magistratura italiana concluda il suo lavoro», avrebbe commentato con alcuni europarlamentari di Fli che lo hanno incontrato ieri. Speriamo nessuno gli dica che quella somma si riferisce al valore catastale e non a quello di mercato. La giornata di Gianfry, comunque, prosegue bene. Un altro sospiro di sollievo viene dal voto sul rinnovo delle commissioni parlamentari. L'ex leader di An ha spiegato agli eurodeputati di considerare «particolarmente positivo il voto sulla Bongiorno, il cui risultato è stato al di là delle previsioni». La conferma dell'avvocato finiano alla guida della commissione Giustizia è un segnale evidente: in atto c'è un tentativo di tregua che non si ferma alle parole. La cosa lo incoraggia a tal punto da sbilanciarsi: «Mi sembra che adesso Berlusconi cominci a prendere atto che nel Pdl ci sono problemi rilevanti: esattamente quelli che gli avevo posto io, diventato per lui "il nemico"», spiega agli esponenti di Fli a Bruxelles. Gianfry avrebbe anche citato gli ultimi sondaggi che attestano Fli all'8%. «Nessuno immagini di ricostruire An, dobbiamo fare una grande realtà di centrodestra. Noi facciamo un movimento di opinione organizzato, aperto a tutti, dobbiamo andare avanti tranquillamente. Se poi sul territorio non dovesse essere riconosciuto il nostro movimento politico, andremo da soli alle prossime elezioni amministrative», avrebbe spiegato ai suoi ospiti l'ex leader di An. L'incontro, oltre che per commentare le buone notizie, era stato convocato per discutere la «collocazione» dei finiani in Europa e la loro permanenza nel Ppe. Nella giornata perfetta anche questo aspetto è sotto controllo. «Non c'è nessuna scissione - dice uno dei partecipanti - perché con il capodelegazione Mario Mauro abbiamo un ottimo rapporto, di sintonia e fiducia, quindi restiamo fermamente nel Ppe», spiega. Non ci sarà nessuna delegazione «futurista», insomma, ma verrà utilizzata la dicitura Fli-Ppe. Forte delle buone notizie ricevute, Fini si prende anche una piccola rivincita di morettiana memoria (della serie «Le parole sono importanti»). Vestito il ruolo di presidente della Camera dà lettura all'Assemblea di una sua lettera ai vicepresidenti in cui affronta il problema del linguaggio offensivo in Aula. «Se è dovere della presidenza garantire nei dibattiti parlamentari la più ampia espressione della libertà di manifestazione del pensiero e del diritto di critica e di denunzia politica, allo stesso modo la presidenza deve assicurare che tali fondamentali diritti siano esercitati nella forma adeguata al ruolo costituzionale del Parlamento», spiega. Per questo «la presidenza dovrà richiamare il deputato che pronunci parole sconvenienti, ivi comprese le espressioni che trascendono nella diffamazione personale o nel vilipendio di organi costituzionali, nonché le espressioni volgari, quelle ingiuriose le insinuazioni atte ad offendere, a recare discredito o comunque a ledere persone o Istituzioni». In realtà, nella giornata ideale, una nota stonata c'è. Fini proprio non riesce a tenere a bada i suoi. Ognuno, su qualsivoglia argomento, dice la sua senza tener conto di una linea comune. È successo ieri per il caso Annozero, è successo quando si è trattato di tirare per la giacchetta Montezemolo. E succederà ancora, Gianfry lo sa. E corre ai ripari.

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