Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Montezemolo: un Pd marziano

Luca Cordero di Montezemolo

  • a
  • a
  • a

Montezemolo fa il prezioso. «La mia discesa in politica con il Pd? Cose da marziani». Il presidente della Ferrari è corteggiatissimo. Prima il centrodestra e ora, con un pressing estenuante, il Pd. Non c'è occasione pubblica nella quale non venga stuzzicato sul tema e non c'è un suo discorso che non venga interpretato come l'allusione a un imminente impegno politico. Ieri Montezemolo, parlando con il nuovo quotidiano on line Lettera43.it, ha avuto anche un tono infastidito. «Basta tirarmi per la giacchetta. Resto dove sono, non scendo in campo». E poi: «Strano paese questo; se stai zitto si accusa la classe dirigente di non prendere mai posizione. Se lo fai, allora è perchè ti prepari a scendere in campo, come se il dibattito pubblico fosse monopolio esclusivo della casta politica». Coerente con questa linea Montezemolo continua quindi nel suo ruolo di fustigatore...ma a senso unico. Non risparmia randellate alla maggioranza e a Berlusconi: «Un governo con una maggioranza così ampia e più volte vincitore di elezioni avrebbe avuto tutto il consenso per realizzare le riforme che avrebbero cambiato il paese. Non lo ha fatto, e dunque non può certo lamentarsi se la classe dirigente lo incalza e lo sprona». Attacchi sistematici che hanno indotto giorni fa l'esponente del Pd Goffredo Bettini a uscire allo scoperto con una proposta concreta di «ingaggio». Per Bettini Montezemolo potrebbe essere quel «papa straniero» auspicato da Veltroni, che potrebbe tirar fuori la sinistra dalla palude. Ma Bettini ha prefigurato per il numero uno della Ferrari una sorta di «contratto a termine», ovvero un impegno con scadenza durante il quale Montezemolo dovrebbe «mettere la sua popolarità ed esperienza a disposizione di una battaglia civile e democratica». In poche parole: per battere Berlusconi siamo in carenza di leadership e quindi chi meglio di Montezemolo che ogni giorno gli spara contro. Una prospettiva però subito bocciata dall'ex presidente della Fiat e che ha strappato una battuta ironica a Fedele Confalonieri. «Certo farebbe specie se il presidente della Ferrari diventasse il segretario del partito dei lavoratori» ha detto ieri il presidente di Mediaset. Poi con il sorriso tra le labbra, ha ironizzato sulle ripetute smentite: «Mi sa che gli piace». A queste battute si aggiunge l'appuntamento fissato per il prossimo lunedì, 11 ottobre, con la sua Fondazione Italia Futura. In un grande albergo romano Montezemolo incontrerà il comitato promotore e i «soci benemeriti» di Italia Futura per presentare le prossime iniziative della fondazione. Un incontro previsto dallo statuto, ma che cade nel pieno di un nuovo protagonismo politico del presidente della Ferrari. In autunno, spiegherà Montezemolo ai fedelissimi l'11, Italia Futura lancerà una grande campagna sull'occupazione giovanile. Ma sull'appuntamento di lunedì i riflettori si sono già accesi e in molti si attendono qualcosa di più dal consueto discorso sull'impegno per il Paese. Non è stato dimenticato che a tenere a battesimo la Fondazione il 7 ottobre dell'anno scorso furono il presidente della Camera Gianfranzo Fini e il Pd Enrico Letta. L'attivismo politico di Italia Futura, specie negli ultimi mesi, si è intensificato. Dal sito della fondazione, il presidente della Ferrari ha più volte fatto sentire la sua voce. Con un tempismo mai casuale. Le prime bordate al governo risalgono alla fine di luglio, negli stessi giorni in cui il Popolo della libertà sfiduciava Gianfranco Fini. Un caso? All'indomani della dichiarazione da parte di Berlusconi dell'«incompatibilità» del presidente della Camera, il sito della Fondazione di Montezemolo se ne usciva con un editoriale in cui criticava «un Paese senza classe dirigente». Dieci giorni dopo arriva l'attacco diretto al premier. In un fondo dal titolo «Il fallimento della seconda Repubblica», Italia Futura lanciava la sfida al governo: «La prospettiva delle elezioni – era scritto – sembra elettrizzare proprio chi dovrebbe viverle come una sconfitta e invece spera che i 600mila promotori della libertà e i milioni di leghisti pronti a mobilitarsi possano far dimenticare che la più ampia maggioranza della storia repubblicana si sia sciolta come neve al sole».  

Dai blog