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Scavolini, la cucina più amata dagli italiani (e dalla Tulliani)

Gianfranco Fini e la compagna Elisabetta Tulliani

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Era la cucina più amata dagli italiani. Da qualche giorno è anche la più amata dai Tulliani. È la Scavolini: nome mitico dell'immaginario collettivo nazionale perché evoca altre bionde con le quali generazioni di bambine hanno sognato di diventare show-girl: Raffaella Carrà e Lorella Cuccarini. Forse un riflesso condizionato quello della compagna di Fini di puntare sul modello Scenery. Anche lei ha tentato la via dello spettacolo. Con poca fortuna. Progetto rientrato. Ma torniamo alla cucina. «L'amore è.....L'amore è..» cantava Lorella qualche anno fa. E sulla scia di questo refrain gli italiani si sono convertiti in massa alle proposte della casa pesarese. Per materiali e finiture è, infatti, il prodotto giusto, studiato a puntino, per il consumatore medio. Prezzo non troppo elevato (quella della coppia, 3,8 metri lineari costa 4.523,41 + Iva), insieme a quel filino di design che non guasta, mettono d'accordo occhio e portafoglio. Così accantonata l'idea dei must del genere, forse troppo radical chic o da sinistra al caviale, come le ambitissime Arc Linea a Bulthaup dai prezzi astronomici ma très chic, la Scenery spiega la brochure «è una cucina con un programma molto articolato di materiali, finiture ed elementi, che supera una valenza solo funzionale per diventare scena di relazioni familiari e sociali». Il che, ed ecco il guizzo creativa dell'uomo di marketing aziendale che tenta e convince il compratore a prendere nel pacchetto non solo l'hardware (i mobili) ma anche il software (il di più), trasforma la Scenery, in «progetto culturale oltre che arredativo nella produzione di cucine Scavolini». Con queste premesse il suo acquisto può diventare anche occasione di discettazione filosofica. Cosa che non sembra esserci stata tra i due. Nonostante la grande varietà di texture; e ante con finiture laccate, in laminato o in vetro decisamente inedite, Fini e Tulliani hanno snobbato colori e modanature troppo ardite. La scelta è caduta sul rassicurante e sempre elegante bianco, onnipresente. Bianca non è solo la struttura ma anche il piano di lavoro, fabbricato in Okite: polvere di marmo frammista ad avanzatissime resine tecnologiche, che lo rende praticamente industruttibile. Elisabetta può tranquillamente fare il battuto di verdure o appoggiare la pentola calda del sugo senza temere incurvature o macchie sul piano. Non manca l'acciaio a degno coronamento di un prodotto che può e deve durare decenni. Non è dato sapere se i due hanno optato per qualche soluzioni accessoria. Scavolini propone una penisola e un'isola «Mirage» che tiene separata, con una parete a specchio movibile, la parte operativa della cucina. E il nuovo elettrodomestico high-touch che unisce, in un solo elemento, cappa e condizionatore. Una cosa è certa dal punto di vista ideologico la scelta non è delle migliori. Gli Scavolini sono famiglia pesarese con simpatie a sinistra. Un tradimento politico o la prima traccia di «compromesso storico» del nuovo corso di Gianfranco?

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