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"Al lotto vinsi io. Alla Tulliani 1 miliardo"

Luciano Gaucci (S), Elisabetta Tulliani (C) e Giancarlo Tulliani

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«Elisabetta Tulliani non aveva né proprietà né redditi, le ho dato tutto, sia a lei che alla famiglia». L'ex patron del Perugia Luciano Gaucci, intervistato dal settimanale Panorama a Santo Domingo, dà la sua versione dei fatti sulla guerra di beni in corso con la ex fidanzata dopo che i legali di lui hanno presentato una citazione al tribunale civile di Roma. Sul sito di Panorama, oggi in edicola, - spiega l'anticipazione - sono disponibili ampi stralci con l'audio dell'intervista. Gaucci ricostruisce nel dettaglio la vicenda della vincita al Superenalotto che, secondo la Tulliani, le avrebbe permesso di acquistare alcuni immobili: «La schedina l'ho compilata e l'ho giocata io, ho vinto 2 miliardi e 400 milioni di lire e siccome sono generoso ed ero perso d'amore le ho regalato la metà». E ancora: «Elisabetta dice che è stata lei a vincere e a darmi la metà, come se all'epoca io avessi avuto bisogno dei suoi soldi...». Gaucci spiega di aver lasciato alla sua fidanzata i propri beni dopo il crac del Perugia Calcio. «Era meglio lasciarli in mani sicure, sarebbe stato apprezzato se dopo fossero tornati indietro. E aggiungo che sono arrabbiato con la signora. Se lei avesse detto: "Ok, le case ti appartengono e te le restituisco perché è giusto così", io le avrei fatto tenere i quadri, le macchine e i gioielli. Anzi, i gioielli glieli lascio comunque perché sono un frutto d'amore, porta sfortuna farseli restituire...». Gaucci sostiene di essere infastidito dalle menzogne: «Ma come? Ho aiutato lei, il fratello, la madre e il padre, gli ho intestato questo mondo e quell'altro...». Fa l'elenco degli immobili: «L'attico di via Sardegna, poi il terreno nel Reatino, quello con immobili a Capranica Prenestina, la casa dove vive con Fini, le auto per tutta la famiglia, i quadri. Mamma mia, non mi ci fate pensare». Palando di Giancarlo, il fratello della compagna del presidente della Camera che ora vive in affitto a Montecarlo nella casa ereditata da An: «L'ho nominato presidente della Viterbese e oggi mi piacerebbe andare a rivedere i bilanci di allora, le compravendite dei giocatori. Era un furbetto, ma io non ero un cretino».

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