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Insicurezza e disagio Quando il disoccupato può diventare assassino

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Apartire dal posto di lavoro. «È la congiuntura tra crisi economica, con le incertezze lavorative che si aggiungono alle tante insicurezze della vita, e i cattivi rapporti in ambiente lavorativo, dove formalità e competizione schiacciano i singoli, a stressare il lavoratore che può arrivare ad uccidere o a suicidarsi» per timore di un licenziamento. È questa la chiave di lettura dei fatti di cronaca a Massarosa (Lucca) e a Leonessa (Rieti) del professor associato di Psichiatria dell'Università Cattolica Sacro Cuore di Roma, Luigi Janiri. La crisi economica, sottolinea il presidente del Consiglio nazionale Ordine psicologi Giuseppe Luigi Palma «ha comportato un aumento del disagio psicologico; e la maggiore frequenza dei casi di disagio è una conseguenza e implicazione del clima di incertezza». Il posto di lavoro, osserva ancora il criminologo Francesco Bruno «oggi è molto più ambito e ritenuto vitale che in passato, e in un Italia divisa tra garantiti e non garantiti nascono nuove povertà e nuovi bisogni. Con questi chiari di luna - afferma Bruno - il lavoratore si mette di fronte a una situazione di sopravvivenza. E ciò può scatenare, in soggetti fragili e con patologie paranoiche, atti eclatanti, sia omicidiari che suicidari. Con stress mai riconosciuti dal tessuto sociale, e psichiatria maltrattata».

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