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La manovra fa infuriare Bruxelles

Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti

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La manovra economica manda su tutte le furie anche Bruxelles. I riflettori della Ue si sono accesi sull'emendamento del relatore Azzollini relativo alle quote latte che prevede un rinvio a dicembre del pagamento delle rate a carico degli agricoltori per le multe per le quote latte (a partire dalla rata del 30 giugno). Proprio per questo emendamento l'Italia ora rischia una procedura di infrazione. L'avvertimento arriva dal commissario all'Agricoltura Dacian Ciolos che ha inviato una lettera al ministro Giancarlo Galan, anch'egli fortemente contrario al provvedimento approvato per un solo voto in commissione al Senato. Sulla norma del relatore di maggioranza Antonio Azzolini si è sviluppato un vero e proprio braccio di ferro tra Galan che è arrivato a minacciare le dimissioni, qualora l'emendamento non fosse ritirato, e la Lega che invece vuole la norma a ogni costo. Sulla questione delle quote latte si è speso in prima persona Umberto Bossi che ha replicato al richiamo di Bruxelles in modo deciso: «l'emendamento passerà». Domani Galan volerà a Bruxelles per la riunione del Consiglio dei ministri europei dell'agricoltura. Le parole di Ciolos intanto non lasciano dubbi sulle intenzioni della Ue: se l'emendamento sulle quote latte «dovesse essere adottato la Commissione sarebbe costretta ad avviare la procedura appropriata ai sensi del Trattato», scatterebbe cioè la procedura d'infrazione. «Non c'è alcun dubbio che la sospensione dei pagamenti, prevista nell'emendamento, sarebbe non solo in netto contrasto con il diritto Ue ma anche con i ripetuti impegni, assunti a livello politico dal Governo italiano, di imporre una rigorosa ed efficiente applicazione del regime delle quote latte in Italia» scrive ancora il commissario Ue, prendendo tuttavia nota del fatto che il ministro italiano «ha espresso netta contrarietà a tale emendamento». Inoltre, «sospendere i pagamenti sarebbe non solo in contrasto» con la Decisione unanimemente adottata dal Consiglio nel 2003, «ma priverebbe - sottolinea ancora Ciolos - anche gli agricoltori italiani interessati dei vantaggi finanziari di quel piano che consiste nel pagare i prelievi senza interessi su 14 anni invece di pagare l'intero debito in una unica soluzione». Martedì, quindi, quando la manovra approderà in Aula al Senato, la polemica è ancora alta. A cominciare da quello dalle Regioni anche se il fronte delle barricate comincia a mostrare qualche crepa. Innanzitutto a causa dell'accordo trovato tra Anci, Province e Governo, e poi perchè a dispetto di quanto va dicendo il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani sull'unanimità delle critiche i Governatori della Lega, Cota e Zaia, non ci pensano affatto a rimettere le deleghe. Anche Renata Polverini, presidente del Lazio, non nasconde che un passaggio di questo tipo «non sarà una cosa immediata». Più determinato appare Formigoni, secondo cui «rimettere le deleghe non è una minaccia ma una presa d'atto della realtà dei fatti, così come anche il presidente delle Marche, Gian Mario Spacca che parla di «spegnere le funzioni trasferite alle Regioni dalla Bassanini». Il presidente dell'Anci, Sergio Chiamparino ha spiegato l'accordo Governo-enti locali che prevede la presentazione entro il 31 luglio del decreto sull'attuazione del cosiddetto federalismo municipale, tre mesi di tempo poi per vedere se si creano le condizioni per cambiare la manovra. «Cambiare il patto di stabilità, distribuire negli anni in modo diverso i carichi dei tagli di spesa e dare più flessibilità alle possibilità di spesa sul 2010». Errani ha attaccato a testa bassa il ministro dell'Economia Giulio Tremonti che aveva ironizzando dicendo alle Regioni di cominciare a restituire le deleghe sulle invalidità: «Se il ministro Tremonti pensa di essere più capace a gestire senza risorse i servizi fondamentali come il trasporto pubblico locale o il fondo sociale o quello per le imprese, si accomodi».

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