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La Lega incassa ancora

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Il leader della Lega Umberto Bossi

E a pagare è Roma

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Ha appena spento la prima candelina e c'è già chi ipotizza che tutto stia per finire. I leghisti logicamente smentiscono ma, nella maggioranza, non tutti hanno la certezza che il federalismo fiscale passerà indenne ai tagli previsti dalla manovra varata dal governo per ridurre i costi degli enti locali. Uno tra i più dubbiosi è stato, sicuramente, il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni che, in un'intervista ha dichiarato: «Le risorse per il federalismo, con i tagli annunciati, non ci sono più. Bisogna prenderne atto». Eppure il partito del Sole delle Alpi ha tutta un'altra idea di quello che sta accadendo e, dopo le rassicurazioni del ministro per la Semplificazione normativa Roberto Calderoli («La Lega non avrebbe mai votato una manovra economica che potesse in quelche modo mettere a repentaglio il federalismo»), ci ha pensato il governatore del Piemonte Roberto Cota a rassicurare i propri elettori: «Il federalismo è lo strumento per affrontare e superare la crisi. Con il federalismo si taglieranno gli sprechi in maniera strutturale, proprio quello di cui abbiamo bisogno». Nulla di cui spaventarsi quindi. Anzi, il federalismo non solo è salvo, ma diventa anche un ottimo sistema per legare il tema della crisi a quello della manovra economica.   E così Cota spiega: «Lo strumento strutturale per uscire dalla crisi è proprio il federalismo fiscale in prima battuta perché fa risparmiare dato che richiede un'esigenza di efficienza. I tagli possono creare difficoltà operative agli enti locali e alle regioni; però tutti dobbiamo rimboccarci le maniche: in un momento di crisi non possiamo piangerci addosso. Siamo classe dirigente e quando realizzeremo il federalismo avremo anche degli strumenti per essere più efficienti». Ma non solo il Governatore è intervenuto per difendere il federalismo, anche dal Parlamento sono arrivate alcune rassicurazioni. Quelle ufficiali le ha rilasciate il capogruppo del Carroccio alla Camera Marco Reguzzoni («Il federalismo non è a rischio dato che è l'unica riforma strutturale in grado di risanare davvero e per sempre i conti del Paese), ma ci sono anche quelle ufficiose di qualche deputato molto vicino al Senatùr: «Il federalismo non subirà nessuna battuta d'arresto, Berlusconi sa che se solo pensasse di accantonarlo si andrebbe immediatamente a elezioni». Una chiara smentita quindi lanciata anche a quella parte della sinistra cappeggiata dalla Democratica Rosy Bindi che, non più tardi di venerdì, aveva detto: «Il federalismo sarà congelato fino alla fine della legislatura quando verrà tirato fuori per la nuova campagna elettorale». Eppure la Lega non è la sola a dirsi sicura di vedere ben presto il compiersi di tutti i regolamenti che renderanno veramente effettivo il federalismo, anche dal Pdl c'è chi si dimostra fiducioso assicurando, come ha fatto il presidente della commissione bicamerale per il Federalismo fiscale, Enrico La Loggia: «Comprendo le preoccupazioni espresse da alcuni governatori ma allo stato degli atti non mi pare che ci possano essere motivi di allarme».   L'altro tema che ieri è tornato ad alimentare la discussione è stato quello relativo all'abolizione delle province dove, ancora una volta, Lega e i finiani del Pdl hanno dimostrato di viaggiare su binari paralleli. E così se Cota ha ribadito che sarebbe sbagliato «fare di tutta un'erba un fascio» proponendo di indirizzare i tagli verso le province molto piccole, i finiani hanno rilanciato proponendo agli "amici" leghisti uno scambio: «Se aboliamo tutte le province daremo alla Lega il candidato sindaco di Bologna». Una provocazione lanciata da Italo Bocchino al Carroccio sapendo che Bologna è il capoluogo più importante, dopo Torino e Milano, che, l'anno prossimo, dovrà rinnovare il consiglio comunale e sul quale i leghisti hanno messo gli occhi. Ed è proprio da Milano che sulla questione province è intervenuto anche Formigoni: «Stabiliamo un limite temporale: due anni. Se entro quella data queste province non avranno messo i conti in ordine e non avranno i bilanci in pareggio, allora andranno abrogate. Dimostrino di farcela, altrimenti su di loro calerà la scure». Cosi alla fine i leghisti, fedelissimi sostenitori di Berlusconi, vengono ancora una volta ripagato. Salvano le province e soprattutto strappano al premier un'importante promessa: «La crisi non rallenterà il federalismo».  

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