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Scajola non molla: "Non farò come con Biagi"

Il ministro dello Sviluppo Economico Claudio Scajola

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«Non lascerò il governo, non farò come con il caso Biagi altrimenti sembrerà che mi hanno beccato con il sorcio in bocca. Non ho colpe». Il ministro delle Attività Produttive Claudio Scajola, esclude per ora l'ipotesi di lasciare il proprio incarico e ribadisce in Consiglio dei ministri e in un'intervista al Giornale oggi in edicola di avere la coscienza a posto per quanto riguarda le vicende legate alla «cricca» del G8. Non solo. «Sono pronto - puntualizza - ad un faccia a faccia con chiunque insistesse con questa tesi e sono certo che verrebbe confermata la verità che sto dicendo». Nel frattempo il ministro incassa la solidarietà del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e dei suoi colleghi di esecutivo mentre il Pdl fa quadrato contro quello che viene letto come un polverone mediatico.   Lo stesso Scajola va all'attacco: «Non faccio decidere da una campagna mediatica il ruolo che devo svolgere come ministro della Repubblica. Non scappo». Si tratta di «accuse infondate» per il sindaco di Roma Gianni Alemanno mentre il ministro della Giustizia Angelino Alfano biasima la fuga di notizie riservate dagli uffici della procura di Perugia. Ma l'opposizione va all'attacco. L'Idv ribadisce la richiesta di dimissioni del ministro. «Si prenda un lunghissimo periodo di riposo», è l'invito del presidente dei senatori del partito di Di Pietro, Felice Belisario. E anche nel Pd, dopo la lettera scritta giovedì dalla capogruppo in Senato Anna Finocchiaro che ha chiesto al presidente Schifani di convocarlo in Aula qualcuno inizia a chiedere che il titolare delle Attività Produttive se ne vada. Scajola, dice Luigi Zanda, deve fornire in Parlamento «una dettagliata e convincente» spiegazione, perché «se non dovesse farlo o se non è in grado di farlo va da sé che dovrebbe dimettersi immediatamente». Dal partito di Bersani si biasima, inoltre, il riferimento del ministro al «caso Biagi» nella sua intervista al Giornale. Le sue dichiarazioni, dice la capogruppo del Pd in commissione Giustizia alla Camera, Donatella Ferranti, che fanno riferimento all'omicidio del giuslavorista «sono di cattivo gusto», le parole con l'allora ministro dell'Interno cui appellò Biagi, aggiunge «restano una brutta pagina per la nostra democrazia».  

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