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Gianfranco vuole una poltrona

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Gianfranco Fini

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Di primo mattino Gianfranco Fini prende carta e penna e dirama una dichiarazione: «La convocazione per giovedì 22 della direzione nazionale del Pdl allargata ai gruppi parlamentari è, sul piano del metodo, una prima risposta positiva ai problemi politici che ho posto ieri (giovedì, ndr) al presidente Berlusconi». Che vuol dire? Anzitutto che la direzione nazionale si sarebbe riunita per giovedì prossimo era noto a tutti da almeno il martedì dopo le elezioni, dunque da più di due settimane anche se ai componenti l'organismo di partito la convocazione ufficiale è arrivata davvero solo ieri. In secundis il presidente della Camera fa sapere che a quella riunione ci andrà, sebbene non faccia formalmente parte della direzione. Infine, Fini fa slittare da lunedì a giovedì il suo ultimatum per decidere sull'eventuale costituzione dei gruppi parlamentari, sempre più eventuale, remota, improbabile per non dire impossibile. Insomma, l'azione di Fini si può sintetizzare in una parola: ritirata. Perché ritirata? I numeri per fare i gruppi autonomi non ci sono anche se i finiani continuano a sbandierare cifre solo a parole senza fare nomi. La gran parte delle adesioni infatti le hanno raccolte a telefono leggendo un comunicato stampa del presidente della Camera e non sull'ipotesi di costituzione di un gruppo autonomo. Fini vede Alemanno.   Parla con Urso, anche Matteoli a modo suo media. Tutti lo pressano affinché non rompa, gli spiegano che una spaccatura sarebbe incomprensibile all'indomani di una vittoria elettorale. Gianfranco desiste, i suoi mediatori si fanno portavoce presso Berlusconi spiegando che il co-fondatore del Pdl non ha tutti le ragioni a protestare per la scarsa rappresentatività al vertice del partito. Nel mirino finiscono due nomi. Anzitutto Maurizio Gasparri, la cui testa è stata chiesta espressamente. Oggi un gruppetto di senatori finiani si riunirà per un pranzo: guidati dai sottosegretari Augello e Viespoli saranno in 14, abbastanza per fare un gruppo autonomo. Qualcuno in realtà andrà a contestare l'iniziativa, qualcun altro è stato mandato a spiare. Comunque sono pochi per fare fuori il capogruppo che deve essere eletto a maggioranza dai 144 senatori del Pdl. L'altro sotto osservazione è Ignazio La Russa nella sua veste di coordinatore del Pdl. Al suo posto si scalda da tempo Italo Bocchino. In pratica sono criticati i due maggiori berluscones della quota An. Anche se per esempio Gasparri, nel corso della riunione dell'ufficio di presidenza, fa notare che «se è una questione di organigramma lo si dica».   E aggiunge: «Il punto non è occupare un posto ma è a come farlo funzionare». Il gruppo al Senato ha funzionato molto bene, Berlusconi lo sa e lo ha ripetuto in più di un'occasione. Poi si apre una questione più ampia. E che riguarda il 30 per cento dei posti nel Pdl riservati agli ex di An. Chi rappresenta di più oggi la destra: Fini o Gasparri? Fini o La Russa?

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