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Mancano ancora 20 giorni alle elezioni Regionali e c'è già chi scommette sulla prossima trovata dei Radicali.

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Scioperidella fame e della sete, esposti, ricorsi, minacce di ritirarsi. Il campionario è particolarmente ricco. Il principio di tutto, probabilmente, è il regolamento sulla par condicio che ha spinto la Rai a «chiudere» i principali talk show nei 30 giorni antecedenti il voto. I vertici di viale Mazzini potevano non farlo, ma i paletti erano così tanti che hanno preferito tagliare la testa al toro. Merito di Marco Beltrandi già responsabile dell'informazione dei Radicali che, nonostante sia formalmente un deputato del Pd, giocando di sponda con il Pdl è riuscito a far approvare un testo che ha scatenato le ire di tutta l'opposizione. Da lì in poi la lista delle «radicalate» si è allungata a vista d'occhio. Dalla scelta di correre contro i candidati Pd (che pure sostiene Emma Bonino nel Lazio) in buona parte delle Regioni chiamate al voto, all'esposto minacciato contro l'«ineleggibile» Vasco Errani; fino a quelli, presentati, sulle liste che hanno portato ad un passo dall'esclusione di Roberto Formigoni. Ma esponenti Radicali erano anche quelli che, secondo alcuni testimoni, avrebbero impedito ai delegati del Pdl di presentare la lista a sostegno di Renata Polverini a Roma e provincia. Insomma, senza Pannella, Bonino & Co., probabilmente, non ci sarebbe stato il decreto interpretativo che tante polemiche ha sollevato in questi giorni. Il vero pezzo forte del repertorio, però, resta quello di minacciare la non partecipazione al voto. In meno di un mese lo hanno già fatto due volte. La prima il 19 febbraio. Quattro giorni prima, in una conferenza stampa, il segretario del partito Marco Staderini aveva lanciato l'allarme in vista di elezioni che, per l'ennesima volta, non sarebbero state democratiche. Dall'allarme alla minaccia il passo è breve. Il 19 Pannella e Bonino annunciano che se si dovesse giungere al voto regionale di marzo «nelle attuali condizioni di negate legalità e democrazia, la decisione del parteciparvi o no s'impone sin d'ora come gravissimo, inevitabile problema di coscienza». Se ne vanno? Fanno saltare il tavolo e lasciano il Pd senza candidato nel Lazio? Neanche per sogno. «Intanto lotto per cambiare le cose, poi vedrò» dice Bonino a chi la interroga il giorno dopo. Ed infatti il 21 la leader radicale inizia uno sciopero della fame e della sete che se da un lato la spinge a saltare la presentazione ufficiale di tutti i candidati del centrosinistra con Pier Luigi Bersani, dall'altro le ridà una certa visibilità. Cambia qualcosa? Affatto. Bonino prosegue lo sciopero fino al 28 quando un po' per le precarie condizioni di salute, un po' perché il termine per presentare le liste è scaduto, interrompe. In sette giorni è passata dalla minaccia di mollare tutto alle rassicurazioni sul fatto che lei, quando prende un impegno, lo mantiene. Oggi, dopo il decreto varato dal governo torna ad agitare lo spettro di un ritiro dalla competizione elettorale. Ci sarà da crederle? Nic. Imb.

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