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Una brutta partita che si gioca solo sulla pelle degli elettori

Renata Polverini

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Partiamo, come nostra abitudine, dai fatti e dai misfatti: il listino della Polverini è stato fatto secco per l'assenza di una firma. Bingo. Sì, lo so, siamo alla quarta riga e già vi viene il mal di testa, ma questa storia delle liste polverizzate per mano giudiziaria merita tutta la vostra attenzione e un po' di pazienza. La situazione è infatti grave e purtroppo anche seria perché riguarda almeno tre aspetti fondamentali della vita politica nazionale: quello della burocrazia legislativa (una tagliola), quello organizzativo del centrodestra (un disastro) e quello della democrazia sostanziale (che sosteniamo con l'iniziativa «fateci votare Pdl»). È un triangolo ad alta tensione che è andato in cortocircuito e rischia di incendiare il Palazzo.Non tocca a noi spegnere l'incendio, ma è nostro dovere fare un po' di chiarezza su una partita che alla fine si sta giocando tutta sulla pelle degli elettori. La burocrazia - Leggi e regolamenti elettorali hanno lo scopo di assicurare un corretto svolgimento delle elezioni. Fin dal primo atto, la formazione delle liste. Queste regole servono per evitare la proliferazione delle liste fai da te, la frantumazione del voto, la confusione e la nascita di movimenti che nulla hanno a che vedere con la politica. La tutela dei simboli dei partiti, la loro posizione sulla scheda, sono aspetti molto importanti in ogni elezione. Questa rete di protezione tutela i partiti che hanno storia e tradizione, li mette al riparo da comportamenti fraudolenti, disinnesca i piani dei soliti furboni. Paradossalmente il centrodestra nel Lazio rischia di uscire a pezzi da questa serie di verifiche e controlli. Il maggior partito italiano invece di essere tutelato (prima di tutto da se stesso) è stato finora preso a schiaffoni. Risultato: il formalismo giuridico si sta mangiando spensieratamente un pezzo di politica. L'organizzazione - Come si è potuti arrivare a una situazione così grave? Sciatteria, leggerezza, disorganizzazione, imprudenza, arroganza e inciviltà dei rapporti dentro e tra i partiti. Le parole e le formule che possiamo usare sono tante, ma il punto essenziale resta solo uno: la presentazione di una lista è uno degli atti più delicati che si compiono nella vita di un partito, affidarla a dei Gianni e Pinotto che arrivano all'ultimo minuto e riescono pure a farsi «placcare» dal primo radicale che passa in tribunale è una scelta demenziale. Il Pdl del Lazio (ma non scherzano neppure in Lombardia) ha mostrato tutta la sua inefficienza e dopo le elezioni sarà bene aprire la porta e accompagnare i responsabili di questa Caporetto a un ufficio di collocamento. Sarebbe saggio anche lasciar perdere gli scambi d'accuse e trovare una via d'uscita dalla vergogna, per rientrare nella politica, ma vedo che è già cominciata la resa dei conti. Peggio per tutti. Le ragioni di questa situazione le ho già spiegate, qui voglio essere sintetico: il Pdl è diventato un partito enorme con delle teste troppo piccole per pensare in grande. Mentre Berlusconi era impegnato a governare e a cercare di resistere a un assalto senza precedenti da parte della magistratura e dell'establishment che non l'ha mai digerito, la struttura del Pdl sul territorio s'è data alla pazza gioia senza costruire un fico secco perché «tanto c'è Berlusconi che ci salva sempre». Sarò chiaro: anche Berlusconi ha le sue colpe. La principale è che non ha mai voluto prendere la motosega per tagliare i rami secchi e anche di fronte ad errori giganteschi ha sempre mostrato comprensione. La sua dimensione umana è quella di un uomo generoso che perdona. Ma in politica questo può diventare un problema, perché i mediocri e i cortigiani pensano di continuare come prima e più di prima. La democrazia - I lettori de Il Tempo hanno preso molto sul serio il nostro appello «fateci votare Pdl». Qui nella nostra sede di Palazzo Wedekind arrivano circa mille fax e mail al giorno. Una valanga di fronte alla quale non si resta indifferenti. Sono persone che chiedono di votare il proprio partito o semplicemente difendono il diritto di un movimento politico di competere in una regolare elezione. Dilemma: si oppone loro solo il formalismo giuridico o bisogna offrire una soluzione politica? Il ministro dell'Interno Roberto Maroni ha spiegato con chiarezza che una leggina apposita per sbloccare la situazione non è pensabile. Maroni è un ministro autorevole, tra i migliori del governo. Tuttavia, qui si gioca alla roulette russa non con un partito, ma con dei cittadini che sono parte cospicua del corpo elettorale, entità forse astratta per alcuni, ma vi assicuro talmente reale da far sentire la sua voce molto lontano. Ho un timore: di questo passo, non saranno polverizzate solo le liste elettorali, ma la politica.

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