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Vendola e De Magistris La strana (e inutile) coppia

Nichi Vendola e Luigi De Magistris

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Sta nascendo una nuova "cosa" a sinistra del Pd e a sinistra della sinistra antagonista? Sembra di sì. L'intelligenza di Nichi Vendola e l'ambizione di Luigi de Magistris potrebbero trovare una sintesi che appaghi entrambi. Il "governatore" pugliese, in sofferenza nella compagnia che lo ha candidato obtorto collo, e l'eurodeputato, già pubblico ministero, in rotta di collisione con il suo mentore Antonio Di Pietro, potrebbero fondare un partito. L'ennesimo nell'affollato centrosinistra. Dopo le regionali, naturalmente, nelle quali il primo si gioca la partita politica della sua vita. C'è qualcuno disposto a stupirsi? Tutto è possibile, anche ciò che appare inverosimile, quando si tratta di scannarsi nella sinistra italiana la cui storia è intessuta di odi, vendette, frazionismi. È perfino probabile che i due celebrino il loro matrimonio d'interesse portando via truppe ai rispettivi partitini con l'ambizione di attrarre altri insofferenti che militano nel Pd. Se riusciranno nell'impresa è tutto da vedere. Intanto si sbarazzano delle inquietudini da cui sono oppressi. L'uno, Vendola, che vede il duo Bersani-D'Alema come il fumo negli occhi e non riesce a dimenticare (a ragione) la guerra che gli hanno fatto. L'altro, De Magistris, si ritiene ormai fuori dall'Italia dei valori perché non adeguatamente "valorizzato". Pretendeva di essere nominato almeno segretario ancor prima di iscriversi al partito. La grammatica politica, oltre a quella italiana, da quelle parti non è molto di moda. De Magistris è uscito sconfitto dal recente congresso e vuole farla pagare a chi lo ha inventato. Sperava di essere consacrato come il Sant Just del giustizialismo italiano, ne è venuto fuori come un piccolo arrampicatore dedito a procacciarsi spazi di protagonismo tali da scalzare Di Pietro stesso approfittando, non proprio nobilmente, delle oggettive difficoltà del leader sotto tiro per il suo non proprio limpidissimo passato. Non gli è riuscito, con disappunto delle solite tricoteuses che lo hanno sponsorizzato, ed ha deciso di andarsene piuttosto che ricoprire un ruolo che considera marginale ed inadeguato. Il "ribelle", insomma, è di quelli che fino a quando c'è da prendere applausi senza pagare dazio è sempre in prima fila, ma se c'è da rischiare qualcosa, se ne sta alla larga. E così Di Pietro, quando gli ha fatto capire che o si candidava alla presidenza della Regione Campania o l'Idv avrebbe dovuto accettare quella sindaco di Salerno, Vincenzo De Luca, per quanto inquisito e dunque non candidabile secondo il codice deontologico dipietrista, De Magistris sdegnoso ha lanciato il suo guanto di sfida al capo e al partito i quali, sembra, se ne siano strafregati. Il coraggio chi non ce l'ha non se lo può dare, ammoniva il vecchio don Abbondio, e così l'eurodeputato ha preso il largo e s'è defilato. Ora va dicendo in giro che Di Pietro lo avrebbe scaricato e lui, non avendo scelta, non può fare altro che fondare un altro partito. Con l'appoggio dei soliti Flores d'Arcais, Pancho Pardi, Travaglio e le fanfare del "Fatto" e di "Micromega". Ecco, dunque, che sulla strada del risentimento incontra Vendola. Ma cosa può nascere dall'unione tra un giustizialista manettaro e un libertario comunista (endiadi tutta italiana, come si capisce)? Un grande guazzabuglio. Il cui risultato sarà quello di contribuire a disfare una volta di più la decadente sinistra incapace di arginare fenomeni di rigetto ogni qualvolta tenta di darsi un assetto. Il fatto è che al Pd manca una politica e nell'ombra c'è sempre qualcuno disposto a cimentarsi per riempire il vuoto. Difficilmente la strana coppia ci riuscirà, ma senza dubbio getterà altro scompiglio nel centrosinistra. Se ne sentiva il bisogno.  

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