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Brunetta: da 50 anni aiuti pubblici alla Fiat

Renato Brunetta

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Dopo l'affondo della Lega contro la Fiat e gli aiuti pubblici di cui ha usufruito negli anni a più riprese, ieri è stata la volta del ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta. Non ha risparmiato punture al cianuro al Lingotto: La Fiat è una azienda che da tanti anni viene aiutata dallo Stato» afferma il ministro e incalza riferendo di «una battuta che gira: se sommassimo tutti gli aiuti dati nell'arco di 50-60 anni, ce la saremmo potuta comprare 2-3 volte. Magari è una battuta tutta da verificare, ma gli italiani hanno questa percezione». Proprio due giorni fa la Cgia ha pubblicato uno studio che fa i conti in tasca alla Fiat. Secondo l'associazione di Mestre negli ultimi tre anni il Lingotto ha ricevuto dallo Stato 270 milioni come contributi a fondo perduto e finanziamenti agevolati. Questa situazione dovrebbe rendere la Fiat più sensibile ai problemi dei lavoratori a cominciare da quelli di Termini Imerese che secondo il piano dell'amministratore delegato del Lingotto Marchionne dovrebbe interrompere laproduzione di auto. «Non dobbiamo abbandonare gli operai» di Termini Imerese, ha detto Brunetta e ha chiesto «un grande senso di responsabilità», da parte di tutti, «a partire dall'azienda, visto che gli operai sono suoi» ma anche del governo. Il ministro ha detto no a chiusure senza alternative per i lavoratori ma, allo stesso tempo, ha anche ammesso che «sarebbe un errore tenere posti di lavoro improduttivi». Quindi, ha aggiunto, «tenere la produzione finchè passa la nottata è un impegno di tutti. Fughe in avanti o velleitarismi non servono». Per Brunetta, «in questo momento le grandi aziende come la Fiat devono avere un grande senso di responsabilità perchè questa è la fase più difficile, la coda avvelenata della crisi». Da un lato, ha però sostenuto, non si può «certamente tenere in piedi stabilimenti improduttivi, ma d'altra parte neanche ragionare solo e unicamente in termini astratti di razionalità produttivistica»: bisogna, «con opportuni investimenti, rimettere in produzione ed efficienza» il sito. Il Sud e Termini Imerese «non hanno bisogno di quei posti di lavoro ma di posti di lavoro».   Per questo, «finchè non ce ne sono di alternativi, il governo fa bene a tenere. C'è bisogno di tempo per costruire alternative». Poi Brunetta rivendica i successi del governo per contrastare la crisi. «Se avessimo seguito la ricetta di Bersani e compani, avremmo detassato le tredicesime e quindi fatto un buco di 10-20-30 miliardi e saremmo come la Grecia o la Spagna». Ricorda poi che il governo ha abbassato le tasse «anche a costo di duri sacrifici e questo ci ha portati in un girone non dantesco», come quello di Grecia, Spagna, Portogallo Irlanda. «Quando vuole, al mio amico Bersani faccio una bella lezione di politica economica e finanziaria e anche una bella lezione di politica», ha detto il ministro rivolgendosi al segretario del Pd. Rivendicando il merito dell'esecutivo di aver eliminato l'Ici sulla prima casa, operazione che «ci è costata circa 2,5 miliardi di minor gettito», e di non aver «messo altre tasse in questo periodo, nè di averle aumentate» nonostante la crisi e la contrazione del 5% del pil, Brunetta ha anche espresso apprezzamento per l'operato più in generale del governo, che ha permesso all'Italia di «reggere meglio di altri». «Alcuni Paesi europei - ha detto Brunetta - che ci davano lezioncine di crescita, sviluppo e pil sono in bancarotta o quasi, e cioè Grecia, Spagna, Portogallo e Irlanda. L'Italia, considerata la solita cenerentola, guarda caso non c'è in questo elenco di disastrati. E se ci fosse stata, sarebbe stata chiamata a pagare più tasse». Brunetta ha riconosciuto il «merito a Berlusconi e Tremonti. Abbiamo retto meglio degli altri, e l'Italietta fragile è un po' meno fragile». A stretto giro gli ha replicato il deputato del Pd e ex ministro del Lavoro Damiano: «Brunetta è molto pirotecnico, fa sempre queste boutade. Ma dimentica che questo Governo ha reintrodotto il lavoro a chiamata, l'affitto di gruppi di lavoratori ed altre forme di precariato che noi avevamo cancellato».  

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