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Dallo gnocco alla gnocca

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Il sindaco di Bologna Flavio Delbono e Cinzia Cracchi, l'ex compagna e segretaria al centro dello scandalo denominato Cinzia-gate

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Lascia dopo aver lasciato o dopo essere stato lasciato? Adesso che ci stavamo abituando al Cinzia-gate, all'ennesimo scandalino che di rosso ha solo il colore della giunta bolognese, apprendiamo che il sindaco ormai ex di Bologna la rossa e la grassa lascia. Non lascia Cinzia, l'ha già lasciata e lei s'è imbestialita, mai lasciare una donna senza sapere cosa ti lasci alle spalle, lascia la sua carica, la fascia tricolore, la posizione pare abusando della quale, forse per compiacere la donna lasciata, ha fatto birichinate da qualche migliaio di euro per cui si ritrova indagato per peculato, abuso d'ufficio e truffa. Delbono Flavio, “travolto” scrivono i giornali: non da un amore, quello era finito, non dall'attrazione per la gnocca che ha surclassato quella per lo gnocco, più calorico ma infine più digeribile. Ecco, sapendolo vicino a Romano Prodi, intortato nel medesimo giro di accademici che ancora ambisce a tenere i fili della politica bolognese, si prova un moto di pietà, sì di pietà, perché il Delbono non si sarebbe dimesso se il Partito democratico non l'avesse costretto, e il Pd non l'avrebbe costretto se non fosse stato ricattato dal partito di Antonio Di Pietro che già minacciava ritorsioni moralizzatrici contro lo sperperatore di denaro pubblico in vacanzine messicane o a Santo Domingo, e l'IdV non agirebbe così se il Pd non avesse messo i dipietristi nella condizione di campare politicamente di rendita alle spalle del fu partito a vocazione maggioritaria. Fossimo Delbono (o D'Alema), andremmo a prendere Veltroni sotto casa. Ma le cose vanno così, a Moralilandia. Nemmeno il tempo di difendersi per bene, e il nostro ex sindaco ha lasciato la carica ed è stato lasciato dalla sua città, permalosa quanto si vuole, ma abituata a coltivare godurie nel privato per pretendere inflessibile moralità dalle cariche pubbliche. È il virus del moralismo che si mangia i suoi figli, è l'appannaggio della diversità morale che ormai fa sorridere, è la dimostrazione che a forza di cavalcare l'indignazione come unica metodologia politica, a farsi inquisitori, prima o poi si finisce davanti al boia, appesi alla forca, come un qualsiasi tribuno della plebe. E a Prodi che così può dire che Delbono ha confermato «di saper mettere al primo posto il bene comune e non le sue ragioni personali» è fin troppo facile far presente la devastante tautologia di questa affermazione. Perché, se il sindaco non ha fatto niente, non se l'è spassata cioè con la segretaria a spese della Regione Emilia Romagna, doveva stare al suo posto e difendersi perché innocente. Se l'ha fatto, è un mariuolino fregato per un peccato facilmente evitabile, disonesto e pure allocco. Giuseppe Dozza si starà rivoltando nella tomba, non sappiamo se per disgusto o per sganasciarsi dalle risate.

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