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Le lotte della sinistra? I manifesti in Aula

Uno dei cartelli mostrati dai parlamentari dell'Idv durante il voto del ddl sul processo breve

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È l'opposizione dei cartelli sventolati in aula. Delle accuse volgari e delle scritte offensive. È il partito che occupa l'aula del Senato, provocando le ire persino dei vicini di banco del Pd, e che insulta anche il Presidente della Repubblica. Al quale poi però si rivolge chiedendogli di non firmare le leggi approvate dal Parlamento. È l'Italia dei Valori di Antonio Di Pietro e di Antonio Barbato, il deputato espulso e sospeso dalla Camera per aver dato del mafioso al presidente del Consiglio. Offese tante, sostanza poca. Con un unico obiettivo: dire sempre no a qualsiasi proposta arrivi dal governo. E da quello che considerano l'«uomo nero» d'Italia, Silvio Berlusconi. Ieri mattina, quando nell'aula di Palazzo Madama stava per essere messo in votazione il testo sul processo breve, i senatori dell'Italia dei Valori hanno inscenato l'ennesima bagarre. Cartelli e scritte. «Processo breve, la giustizia è morta», «Muore il processo crack Parmalat», «Berlusconi fatti processare». Una gazzarra che alla fine ha costretto il presidente Renato Schifani, esasperato, per la prima volta da quando presiede l'aula di palazzo Madama, a intervenire a muso duro: «Basta. Adesso basta. Basta». Ripetuto per tre volte. Il clima da stadio ha coinvolto anche il senatore del Pdl Domenico Gramazio (neppure lui nuovo a scenate poco consone ad un'aula del parlamento) che ha preso la rassegna stampa che aveva sul banco e l'ha lanciata verso i banchi dell'Idv centrando in pieno il senatore Elio Lannutti. Immediato, ancora una volta, il richiamo di Schifani mentre Lannutti — senatore dell'Italia dei Valori che ha sempre criticato le intemperanze dei suoi colleghi di partito — lo ha guardato sorpreso redarguendolo con un «ma come proprio a me?». A scorrere la politica dell'Idv in questo anno e mezzo all'opposizione si scopre che il copione è sempre lo stesso. Gli striscioni sono apparsi il 24 giugno del 2008, quando il Senato diede il via libera al decreto legge sulla sicurezza che conteneva le norme sulla sospensione dei processi fino a dieci anni di reclusione. In quel caso sui cartelli era esposta una scritta, come al solito, contro Berlusconi: «Il caimano è tornato». Il 2009 si apre con la protesta sempre a palazzo Madama contro la decisione di rinviare gli atti che riguardavano il senatore del Pdl Nicola Di Girolamo in attesa della chiusura dell'inchiesta della magistratura. Il cartello issato in aula recita «vergogna». E in quell'occasione proprio il senatore Elio Lannutti si lasciò andare ad un triste «non voglio commentare gesti simili, sono veramente amareggiato». E ancora cartelli issati l'11 giugno quando la Camera approva il disegno di legge sulle intercettazioni e i deputati dell'Italia dei Valori scatenano la bagarre innalzando lo striscione «Libertà di informazione cancellata». Il 2 ottobre, sempre alla Camera si tocca il punto più basso al momento dell'approvazione dello scudo fiscale. Antonio Barbato arriva a dare del mafioso a Berlusconi, costringendo la presidente di turno Rosy Bindi, del Pd, ad espellerlo. Infine il 19 novembre dell'anno scorso alla Camera viene approvato il dl Ronchi sul riassetto delle municipalizzate dell'acqua e i dipietristi tornano alla carica scrivendo sui cartelli «Giù le mani dall'acqua».

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