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Il Pdl alla prova de L'Aquila

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La sinistra italiana è scossa da una crisi d'identità impressionante, tale da rendere già precaria la navigazione del nuovo segretario Bersani, minacciato su tre durissimi fronti: da sinistra (Vendola e compagni), da destra (Rutelli e altri) e da sopra (Di Pietro e i suoi). Le elezioni regionali diventano quindi banco di prova essenziale, con due regioni al centro della scena, cioè Lazio e Puglia. Non a caso proprio le regioni in cui si sta consumando il dramma del Pd, probabilmente costretto a subire la candidatura di Emma Bonino a Roma e costretto a cacciare il presidente uscente Vendola a Bari. Di questo marasma che rischia di travolgere i fragili equilibri tra Pd e alleati finirà per godere il Pdl, che si ritroverà alla fine di marzo a governare in molte regioni dove ora è all'opposizione. Tutto bene madama la marchesa potremmo dire, se non fosse che siamo tipi esigenti, quindi riteniamo doveroso chiedere qualcosa in più che godere i frutti delle disgrazie altrui. Crediamo cioè necessario pretendere dal Pdl la capacità di aprire una fase nuova all'insegna di una franchezza di rapporti con i cittadini-elettori che può essere la vera rivoluzione della politica. Ecco perché a L'Aquila si gioca una partita fondamentale. Ecco perché è uno scandalo che da settimane si litighi sul candidato alla presidenza della provincia, finendo per far assomigliare il Pdl locale a un qualunque Pd d'Italia. Non ci interessa qui entrare nel merito di questa o quella candidatura. Vogliamo soltanto dire forte e chiaro che non ci si può accapigliare in modo furibondo e sguaiato, magari riproponendo in modo truculento quella divisione tra Forza Italia e Alleanza Nazionale che il congresso fondativo del Pdl di marzo avrebbe dovuto non dico eliminare, ma certamente attenuare. Invece sappiamo proprio che sta andando così: veti incrociati di ogni genere rendono il Pdl abruzzese incapace di decidere un nome da contrapporre alla presidente uscente Pezzopane (che tutti ricordano in una celebre foto con Obama al G8). L'Aquila non è soltanto una delle più belle città d'Italia, ferita dal terremoto dello scorso aprile. L'Aquila è la città della più efficace azione di soccorso e ricostruzione di cui si abbia memoria in Italia, messa in atto anche grazie all'impegno personale e assiduo di Silvio Berlusconi. Tutti lo ricordiamo per giorni e giorni sul posto con l'elmetto in testa, tutti abbiamo valutato quanto ha contato nel risultato finale (come a Napoli per l'emergenza rifiuti). Il 2009 è stato anno difficile per il premier e per il Pdl. Molte vicende personali (da Veronica alla D'Addario), molti litigi in casa (il duello con Fini innanzitutto). I consensi sono rimasti forti tra la gente anche, o forse soprattutto, per imprese concrete e visibili coma la ricostruzione post terremoto, sulla quale neanche i peggiori nemici del Cavaliere hanno potuto fiatare. E' quindi di tutta evidenza che sui dirigenti regionali abruzzesi pesa un macigno di responsabilità, quello cioé di non sfigurare nella città in cui tanto si è speso il governo. Qui non si tratta solo di vincere o perdere (meglio vincere), si tratta di capire che i vecchi metodi da corridoi oscuri e camarille vanno buttati a mare, per fare spazio a scelte limpide e celeri. In gioco c'è molto di più che la poltrona da presidente della Provincia.

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