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"Siamo in piazza, ci sparano addosso"

Iran, scontri in piazza

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Twitter, Skype, Facebook. L'informazione dall'Iran passa ormai soltanto attraverso le nuove tecnologie. Te ne accorgi quando tenti di metterti in contatto con i tuoi amici, la tua interprete, le persone che ogni volta che arrivi nel loro Paese rendono il tuo lavoro più facile e che manifestano una voglia enorme di comunicare. Un desiderio che, in momenti come questi, non si placa, ma esige maggiore attenzione. Dallo scorso settembre, infatti, la compagnia telefonica nazionale è controllata dai Guardiani della Rivoluzione attraverso la Etemad Mobin che fa capo ai Pasdaran. Difficile trovare, quindi, chi sia disposto a parlare. Meglio usare la classica chat, oppure cercare un intermediario, che faccia da ponte, come Maryam. La chiameremo così per assicurarne l'anonimato. Maryam vive in Italia e comunica quasi ogni giorno con i suoi amici in Iran. «Hanno paura di rilasciare interviste telefoniche ad occidentali perchè le linee sono sotto controllo», mi spiega. Qual è l'alternativa per non sacrificare la loro incolumità in nome di qualche informazione in più? «Mi faccio raccontare io, come se fosse una normale chiacchierata, e poi ti traduco. Così è meno pericoloso», assicura. In realtà, tutto non è così semplice, a partire dalla difficoltà nel prendere la linea fino alle interferenze. Vengo a conoscenza così di Parinaz. Anche lei è scesa in piazza, domenica a Teheran, insieme ai suoi amici. Tutti studenti come lei. Venticinque, ventisei, ventisette anni. «Eravamo nella zona di Vali Asr, all'incrocio con Enghelab, la zona dell'università Amir Kabir», racconta. «Gli agenti impedivano a tutti di unirsi. Ci siamo ritrovati in gruppetti sparsi, nel tentativo di aggregarci gli uni con gli altri. Nonostante gli agenti di polizia continuassero a puntare le armi all'altezza del viso». La sensazione è che, superato lo shock per le prime morti, durante gli scontri della scorsa estate, questa volta le persone avessero meno paura. La rabbia, invece, è cresciuta. Molto. Si vede anche dalla reazione dei manifestanti che hanno attaccato poliziotti e Basiji con qualunque cosa capitasse loro a portata di mano: sassi o vetri. La ragione è legata al fatto che «fare fuoco mel mese di Muharram, il primo mese del calendario islamico, uno dei quattro considerati sacri, è stata una violazione troppo forte; una provocazione evidente», aggiunge Maryam. «È vero, questa volta avevamo meno paura. Abbiamo acquisito maggior determinazione e sicurezza», conclude Parinaz, lanciando un assist a Fatemeh (altro pseudonimo), che come lei è stata per le strade di Teheran nelle ultime ore. Con Fatameh ho appuntamento su Skype, alle 17 ora italiana, fissato grazie ad un sms che è riuscita a ricevere, nonostante il blocco delle comunicazioni. «Domenica è stato completamente differente», esordisce. «Teheran era nelle mani dei manifestanti e sono sicura che chi è al governo si è spaventato per questo. La gente combatteva davvero e per la prima volta è riuscita a mettere in fuga la polizia». Immagini che sono rimbalzate ovunque nel mondo, attraverso YouTube, Twitter e blog, a conferma dell'impossibilità di impedire la fuoriuscita di notizie nel villaggio globale. «Gli iraniani stanno diventando sempre più aggressivi e sono disposti a lottare per i loro diritti, pur sapendo che potrebbero essere uccisi per questo. Anche il nipote di Mousavi è morto, ma lui non è diverso da un altro martire. Questo è il prezzo da pagare per la libertà». Che la gente sia molto più arrabbiata è convinta anche Zahra. Con lei ho un appuntamento su Facebook, per il classico botta e risposta via chat. Ma la connessione va e viene. «Userò i siti per forzare il blocco», mi aveva annunciato nel corso di una brevissima telefonata. Quello che riesce a comunicarmi ora sono ansia e paura, miste ad eccitazione. «Stiamo per esplodere. Nessuno teme più nulla: gas lacrimogeni, colpi di manganelli, prigione. Neanche la morte». E una emoticon, una faccetta stilizzata che piange, tipica del linguaggio breve degli sms, chiude la nostra conversazione.

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