Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

I siti pro-Tartaglia come i porno

Facebook, i gruppi in favore di Massimo Tartaglia, l'aggressore di Silvio Berlusconi

  • a
  • a
  • a

I blog e i siti web che proliferano violenza saranno trattati come quelli pedopornografici. Domani Roberto Maroni varcherà il portone di Palazzo Chigi con il testo sulle nuove norme di internet sotto il braccio. Sarà quasi sicuramente un decreto legge. Ma i suoi contenuti rischiano di essere troppo «leggeri». Non è un caso se nelle stanze del Viminale, per tutto il pomeriggio di ieri, si cerca senza successo la chiave legislativa per frenare la spirale di violenza che investe il premier sulla Rete. Regolare il diritto d'opinione su internet è come camminare sui carboni ardenti. L'opposizione già grida contro la censura. È certo, d'altro canto, che gli strumenti legislativi per arginare il fenomeno d'odio non ci sono. Il perché di tanta fatica nel costruire il testo su cui dovrà porre la firma il ministro dell'Interno ha origine in un problema. I social network o i blog sono quasi sempre gestiti da società o domini collocati su server stranieri. E fuori dai nostri confini la sovranità italiana subisce una fortissima limitazione. Come complicatissime sono le rogatorie internazionali.  E così la soluzione tecnica a cui dovrà arrivare il ministero dell'Interno sarà probabilmente parallela al testo di legge. Si sta infatti pensando di stipulare gli accordi direttamente con i provider (organizzazzioni o attività commerciali che offrono servizi come l'accesso a internet o la posta elettronica, ndr). L'obiettivo è porre piccole limitazioni a chi li gestisce, per monitorare i contenuti «a rischio». Un sistema che è già applicato per combattere la produzione e la diffusione dei siti pedopornografici e che verrà applicato a siti web come quelli che glorificano Massimo Tartaglia. Per fare questo non c'è bisogno di una legge ma di un accordo firmato dal provider che dà accesso al file che consente di oscurare la parte del sito da «censurare». Anche se non si dà per scontato che un'intesa possa essere stipulata con chiunque. Diverso il discorso per i siti italiani che contengono messaggi che istigano alla violenza, sui quali verrà resa difficoltosa la navigazione attraverso dei filtri. Lo stesso ministro dell'Interno, durante l'informativa alla Camera, spiega che «sono allo studio degli interventi normativi»,«alla luce di quanto sta accadendo in questi giorni», ma ammette che «riguardano terreni delicati come la libertà di espressione sul web». Per questo, in serata, Maroni precisa che nella norma che sarà presentata domani potere effettivo lo avrà la magistratura, «che credo sia l'organo più competente per decidere non se ci sono semplicemente messaggi violenti, ma se ci sono dei messaggi che integrano veri e propri reati, per interromperne la commissione». Accanto alle proposte del Vimanle, in queste ore, spuntano quelle nate dalle idee del Popolo della libertà. La premessa è che intenet non deve essere luogo al di sopra della legge e che il governo fa bene a tenere sotto osservazione i siti che istigano a delinquere e a perseguire chi delinque. Ma avvelendosi delle leggi vigenti. Antonio Palmieri, deputato responsabile della Rete del Pdl, propone due iniziative. Stabilire un dialogo permanente con chi gestisce i social network, come Facebook, MySpace o Twitter, per facilitare e velocizzare la rimozione dei contenuti e l'individuazione dei singoli responsabili. La seconda proposta è costituire una task force permanente con gli esperti, con gli operatori italiani del settore, perché la Rete è in continua evoluzione e va monitorata da chi la vive. Ne potrebbero far parte 40-50 cervelloni del web, compresi i rappresentanti di tutti i partiti. Ciò per capire assieme quali misure prendere in caso di nuovi fenomeni. Parallelamente a queste iniziative il governo potrebbe anche pensare di aprire un sito dedicato, dove accogliere i contributi di tutti quelli che vogliono partecipare alle discussioni. «Le polemiche di questi giorni - spiega Palmieri - confermano il ruolo centrale che internet ha assunto anche nella politica italiana, come luogo di dibattito politico permanente. Deve rimanere un luogo di libertà e di espressione ma non è un luogo al di sopra delle leggi. Bene fa il governo a osservare i siti che istigano le persone a commettere reati». La marcia per restituire alla politica la rotta esatta nel mare di internet parte dall'accordo tra giustizia e provider. La caccia ai cattivi del web è partita.

Dai blog