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"Vogliono far cadere il governo"

Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi

Mills, il premier salterà l'udienza

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{{IMG_SX}}Un attacco a tutto campo. Dalla giustizia alla maggioranza, dal governo alle regionali, dalla Rai alle riforme. Il premier parla davanti ai vertici del Pdl, sbatte i pugni sul tavolo e non usa mezzi termini per lanciare un aut-aut ai suoi contestatori: «Chi non si adegua alla linea stabilita dal partito è fuori». È un altolà a chi si mette di traverso sulla giustizia e sull'immigrazione (destinatario del messaggio è Gianfranco Fini), una denuncia sui segreti intenti di «certi magistrati» che lo perseguitano. Parole che rendono chiara l'idea dello stato d'animo del presidente del Consiglio. L'esordio del Cavaliere è stato: la maggioranza è compatta. Poi la priorità: nessun passo indietro sul processo breve, nessun tentennamento sulle riforme costituzionali della giustizia (modifica della composizione e dei poteri del Csm ecc.), riproposione del «lodo Alfano» attraverso una legge costituzionale. Dopodiché, secondo il racconto di qualche partecipante al vertice, il premier parte di nuovo con le accuse alla magistratura, indicata come una forza eversiva che «attenta alla vita del governo» e che rischia di portare il Paese alla guerra civile (ma l'ufficio stampa del Pdl ha poi precisato che il premier avrebbe usato un'altra espressione evocando il rischio di «dividere il Paese»). Il premier, insomma, vuole divincolarsi da quel senso di «accerchiamento» che lo opprime, e per questo ieri ha deciso di affrontare di petto le molte pratiche che si sono ammucchiate sul suo tavolo. Non ne può più di quella azione di disturbo di alcune procure milanesi e siciliane, con lo spettro di nuovi avvisi di garanzia scritti da «pentiti a orologeria». Berlusconi è arrabbiato, non ci sono dubbi. E coglie l'occasione per togliersi più di un sassolino dalle scarpe. Il partito - La riunione comincia in ritardo di circa tre quarti d'ora. Tra i primi ad entrare nel Parlamentino di Palazzo Grazioli, Giulio Tremonti e Renato Brunetta. I due si salutano con un significativo abbraccio, un gesto di distensione dopo le tensioni tra i due ministri dei giorni scorsi. E proprio sul ministro Brunetta, Berlusconi avrebbe espresso qualche malumore. Quelle dichiarazioni su Tremonti per il premier non sarebbero state una mossa azzeccata. Anche perché, avrebbe confidato il premier prima della riunione, a gennaio usciranno i dati di bilancio dell'anno 2009, dati che dimostreranno come la linea di Tremonti è stata quella giusta. Sin dalle prime parole del premier si intuisce l'aria che avrà il vertice di presidenza. Innanzitutto, la maggioranza. Un campo su cui le fibrillazioni continuano ad essere tante. Basta liti e continue divisioni all'interno del partito. Tutte le decisioni, spiega il premier «si prendono a maggioranza nell'ufficio di presidenza del Pdl». Questo avviene su ogni argomento. «La minoranza o si adegua o è fuori dal partito». Della serie, a buon intenditor... Di necessaria compattezza della maggioranza, Berlusconi parla anche in riferimento alle regionali. Non si è parlato di candidati, nessun nome particolare. Quello che però deve essere chiaro è che le scelte «verranno fatte dal partito e non da me personalmente». Per il quadro delle regionali, intanto, il lavoro di consultazione andrà avanti. La prossima settimana ci dovrebbe essere l'incontro famoso tra Berlusconi e Fini, e per giovedì prossimo è già stato convocata un'altra riunione del Pdl dedicata solo alle elezioni 2010. Le toghe eversive - Davanti alla platea pidiellina, Berlusconi ha detto più volte di non voler mollare. Nonostante la persecuzione giudiziaria che continua nei suoi confronti. E qui, spiega le ragioni che obbligano a metter mano alla riforma della giustizia. Perché, dice il premier, «è in atto un tentativo di far cadere il governo» condotto soprattutto dalla magistratura «che ha preso una deriva eversiva». Il Cavaliere ha citato i processi che lo vedono coinvolto a Milano, le indiscrezioni su presunte nuove azioni della magistratura riguardanti i processi di mafia, ma anche i casi di Nicola Cosentino e da ultimo di Renato Schifani. Spendendosi in una difesa del sottosegretario all'Economia attraverso l'esame delle accuse mosse dai magistrati napoletani in alcuni casi definite «paradossali». Tocca poi al ministro Alfano e all'avvocato del premier Niccolò Ghedini a illustrare il ddl sul processo breve e a dare qualche cifra per sottolineare l'esigenza della riforma. «Dal 2004 al 2009 sono stati prescritti 466 processi al giorno», spiega Alfano. La giornata di Berlusconi si chiude a Villa Aurelia, con una cena organizzata da Mario Valducci, deputato del PdL e presidente dei Circoli del Buongoverno, alla quale partecipano numerosi deputati del Pdl. A loro il Cavaliere ribadisce che andrà avanti con il processo breve («ce lo chiede l'Europa e su questo il comitato di presidenza ha votato all'unanimità. Quindi non ci sono problemi») e sul Lodo Alfano in «versione» costituzionale. Poi assicura: «Tutti mi dicono "non mollare". Ma chi molla?» Intanto oggi, subito dopo il Consiglio dei ministri, il premier tornerà all'Aquila.

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