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Il caos non serve a nessuno

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La situazione si è fatta grave e non serve certo questo articolo per dimostrarlo. Si può quindi decidere di commentare l'incrocio politico-giudiziario che sta mettendo a dura prova l'intero sistema istituzionale scegliendo toni da battaglia e invitando i giocatori a battersi fino all'estremo sacrificio. Oppure si può scegliere la linea del buon senso, cercando una via d'uscita ragionevole che cerchi di comporre gli interessi più diversi. In campo infatti vi sono due esigenze all'apparenza inconciliabili, almeno al punto cui siamo giunti. Da un lato il diritto/dovere della magistratura di compiere tutte le inchieste e di emettere tutte le sentenze, anche quando esse riguardano i vertici istituzionali ed in particolar modo il premier Silvio Berlusconi. Dall'altro c'è il diritto/dovere del sistema politico di dare corso al mandato ricevuto dagli elettori, che nel caso della corrente legislatura significa governare sino al 2013. Queste due forze oggi tirano in direzione diametralmente opposta, dividendo in modo drastico l'opinione pubblica e tenendo in perenne tensione il sistema politico. C'è una soluzione al rebus, tenuto conto che si avvicinano sentenze che riguardano proprio il premier e si annunciano persino dichiarazioni di pentiti di mafia che lo tirano in ballo? Difficile dirlo, anche perché l'uguaglianza di fronte alla legge prevista dalla nostra Carta Costituzionale rende assai difficile scrivere una norma risolutiva del caso, come dimostrano ben due sentenze della Corte Suprema (sul lodo Schifani prima e sul lodo Alfano dopo). La maggioranza si è riunita ieri, annunciando di voler procedere con il ddl sul processo breve (la cui costituzionalità è tutta da dimostrare e su cui sarà difficile ottenere un atteggiamento benevolo del Capo dello Stato) ma anche con la versione costituzionale del lodo Alfano. La verità è che quest'ultimo è il provvedimento giusto, poiché contiene un principio che può costituire un ragionevole compromesso: i processi a carico di Berlusconi si fanno, ma alla fine del mandato da premier. Una soluzione dignitosa, purché la si guardi con occhi sereni e non iniettati di sangue. Il punto è che per approvare questa modifica della Carta ci vuole più di un anno (cui va aggiunto il referendum quasi certo), ecco perché nel frattempo si punta ad approvare comunque anche la legge sul processo breve. Insomma un gorviglio quasi inestricabile di date, procedure, norme. La nostra sensazione è però una sola: più Pdl e Lega si mostrano capaci di volare alto, di proporre una Grande Riforma in materia di giustizia e meglio sarà per tutti. Cerchino un rapido confronto con l'opposizione e anche con magistrati e avvocati. Poi presentino un piano forte e rivoluzionario. Su quello facciano un grande investimento in comunicazione politica, mostrando il volto di una maggioranza che attacca e non solo si difende. Il consenso degli italiani non mancherebbe di manifestarsi.  

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