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E Silvio convoca i senatori finiani

Sandro Bondi

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Una girandola di incontri, dalle dieci di martedì sera fino a notte fonda. Tutti a palazzo Grazioli, tutti convocati da Berlusconi per comprendere la situazione reale nel Pdl dopo il putiferio scatenato dalla minaccia del presidente del Senato Renato Schifani di andare a elezioni anticipate. E da quelle riunioni, una volta avute ampie rassicurazioni sulla fedeltà dei parlamentari, è scaturita la dichiarazione di ieri mattina del premier: di voto anticipato non se ne parla. Martedì sera Berlusconi è preoccupato, vuole capire fino a che punto si può fidare della maggioranza a palazzo Madama, fino a che punto vuole arrivare Gianfranco Fini, fino a che punto resterà leale. Anche perché il Cavaliere non condivide la «bordata» di Renato Schifani. Quella «accelerazione», di cui comunque è stato informato, spiegano i suoi collaboratori, è stata una decisione presa dai «falchi», dal presidente del Senato e dal capogruppo del Pdl Maurizio Gasparri. Una esternazione per forzare la mano, per rimettere in riga chi negli ultimi tempi ha contestato la mancanza di collegialità nel partito. Ma il presidente del Consiglio non la condivide. È per questo che chiama quelli che considera gli uomini più vicini a Fini al Senato. A Palazzo Grazioli arrivano, alle dieci di sera, prima Andrea Augello e Giuseppe Valentino, poi Giuseppe Saro e Romano Comincioli. Si fa vedere anche uno dei coordinatori, Sandro Bondi, gli altri due — Ignazio La Russa e Denis Verdini — il premier li contatta telefonicamente. Ma è dal gruppetto ristretto, ristrettissimo, dei dissidenti che riceve la rassicurazione che voleva, che lo porterà il giorno dopo a spiegare che non c'è l'ipotesi di andare a elezioni anticipate, smentendo Schifani e i «falchi». Augello, Saro, Valditara gli ribadiscono che non ci sono complotti, non c'è alcuna volontà di aprire spaccature dentro il Pdl. Anzi, gli spiegano che il loro impegno è proprio quello di ricucire le due posizioni, le due anime del partito, quella degli ex di An e degli ex di Forza Italia. Gli sottolineano che non ci sono i «finiani» ma c'è un pezzo di Pdl, cioè la gran parte di Alleanza Nazionale, di cui si può fidare. Non per niente ieri, il giorno dopo la riunione a palazzo Grazioli, quattro senatori del gruppo dei «dissidenti» — Andrea Augello, Mario Baldassarri, Ferruccio Saro e Giuseppe Valditara — affidano a un comunicato la loro soddisfazione: «Il comunicato perentorio, con cui Silvio Berlusconi ha messo fine alle polemiche e agli incessanti annunci di imminenti quanto paradossali elezioni anticipate, costituisce la più evidente smentita rispetto alle grida, non sempre composte, di chi tende a confondere il confronto interno con un'ordalia. Degno di nota è, in particolare, l'apprezzamento verso una leale dialettica interna che accentua le capacità ideative del partito». E ancora: «Esprimiamo la nostra soddisfazione consapevoli che esistono tutte le condizioni per voltare pagina, proseguire con passo sicuro l'esperienza di Governo, realizzare il programma sottoscritto con gli elettori e completare la costruzione organizzativa del partiti». Ma martedì sera a palazzo Grazioli Berlusconi riceve anche un'altra assicurazione che gli fa tirare un sospiro di sollievo: il ddl sulla giustizia proseguirà il suo esame al Senato senza stravolgimenti. Il presidente della commissione giustizia Filippo Berselli e il relatore, Giuseppe Valentino, fanno parte proprio di quel gruppo che i «falchi» continuano a considerare dissidenti. Ma da loro non arriveranno sgambetti: dal testo verrà tolta la parte sul reato di immigrazione (voluta dalla Lega) e ci sarà qualche aggiustamento sulla parte attuativa. Ma niente di più. Dopo averli ascoltati, poco dopo le undici, Berlusconi convoca a palazzo Grazioli anche i capigruppo a palazzo Madama, Maurizio Gasparri e Gaetano Quagliariello. Ma a quel punto il premier sa già quello che dirà il giorno dopo: di elezioni anticipate non se ne parli più.

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