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"No B-Day", "Sì B-Day"

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Antonio Di Pietro

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Oh, finalmente, una bella litigata sul «No B. Day» era proprio quello di cui sentivamo la mancanza. C'è l'antiberlusconismo con la mazza, la penna e con la toga, che riunisce in un gran pentolone Di Pietro e i blogger pompati da Repubblica che il 5 dicembre andranno in piazza guarda guarda contro il Cavaliere, e c'è l'antiberlusconismo con i guanti di velluto, più morbido, del Partito democratico formato Bersani, che è un postcomunista serio e ha smesso gli atteggiamenti sbarazzini di piazza&spritz alla Franceschini. E nulla di nuovo c'è sotto il sole smunto dell'opposizione: Di Pietro cavalca la protesta, il Pd sa che tanti suoi elettori gradirebbero accodarsi ma tiene ferma la prerogativa che l'opposizione si fa in Parlamento, e dunque si comincia col balletto delle adesioni a titolo personale che contrastano con il «no» ufficiale della segreteria. Niente di nuovo, ma proprio niente. Ciò che di nuovo c'è invece, ed è piuttosto curioso, è un fatto riteniamo inedito per la storia repubblicana: una manifestazione dell'opposizione che genera, in un piccolo cortocircuito, la contromanifestazione di una parte della maggioranza che s'è messa in testa di fare il «Sì B. Day». Berlusconi da una parte, Berlusconi dall'altra, in una picaresca riedizione dei Duellanti, tocca scegliere solo chi fa D'Hubert e chi fa Feraud: il confronto infinito tra due parti in cui l'una non può fare a meno dell'altra. Ci sarà poi un problema di mobilitazione e partecipazione perché – andrebbe ricordato, ai partigiani del «Sì B.» – quando scendi in piazza nello stesso momento e per la stessa ragione, seppur a polarità invertite, poi scatta subito il confronto dei numeri, e giustamente a Berlusconi sui numeri piace stravincere. Gli ultras, insomma, hanno occupato le curve, ma chi sta nei distinti (non diciamo in tribuna perché sennò t'accusano di terzismo o di essere troppo istituzionale), chi dunque ama tifare ma senza surriscaldare troppo gli animi, potrebbe proporre formule più morbide per stabilire che la scelta pro Berlusconi non interroga il Bene e il Male, il Miracolo o la Catrastrofe, ma solo – solo! – il governo responsabile dell'Italia. Si potrebbero dunque immaginare, lato centrodestra, manifestazioni del tipo «Forse forse B. Day», «Nonostante tutto B. Day», «Meglio di niente B. Day», «Sennò arriva Di Pietro B. Day», «In fin dei conti B. Day», «Tanto vince sempre B. Day», «Non sono del Milan eppure B. Day». Così, ognuno avrebbe a disposizione la sfumatura che più lo aggrada per comunicare il proprio consenso al governo, senza infilare la divisa del servizio d'ordine col becco da falco. Olè.

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