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Le rassicurazioni del ministro Tremonti sull'intangibilità del sistema pensionistico appaiono molto curiose.

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Questolivello preoccupante e oneroso corrisponde a quello che nella previsione della fine degli anni 90 si sarebbe raggiunto intorno al 2030-2035. Con i provvedimenti del luglio scorso il Governo ha introdotto interventi di carattere strutturale come dimostrano i fatti e i numeri e senza sollevare polemiche di carattere sociale. In buona sostanza oggi è altrettanto sbagliato precipitarsi a fare degli altri interventi prima di verificare gli effetti di quelli già realizzati. Ma è altrettanto rischioso pensare di essere arrivati alla fine della storia in materia pensionistica. Non più tardi di alcune settimane or sono al ministero dell'economia è stato discusso il rapporto dell'Unione Europea sull'invecchiamento della popolazione. Il Governo Berlusconi e il Ministro Sacconi, responsabile del dicastero Lavoro e politiche sociali, si muovono nella direzione giusta, affrontano il solo tema che conta nel dibattito pensionistico: l'allungamento della vita attiva in armonia con le aspettative di vita attese e con le esigenze del mercato del lavoro (non si dimentichi mai che, appunto, l'Unione europea indica nel segmento dei lavoratori anziani uno dei punti critici sui quali agire per ampliare il tasso di occupazione ). Taluni eventi sono ineluttabili, appartengono al divenire dei fenomeni sociali. Nessuno può pretendere che un mondo del lavoro in cui tutto è cambiato sorregga – al pari di Atlante – un sistema pensionistico antico e oneroso, espressione di una società lontana che invia la sua luce nel tempo come fosse una stella spenta. La riforma previdenziale ha cominciato a dare i suoi esiti nonostante le resistenze di taluni che al sistema pubblico accostavano due linee differenti: un eccessivo «buonismo» immotivato che ha dominato fino al 2008 che si accompagnava a un rigore, ugualmente eccessivo, nei decenni a venire. Dare accelerate, difendere l'esistente, o rinviare l'applicazione dei provvedimenti non è una gran linea di condotta. Soprattutto non porta lontano. Bisogna adottare i toni giusti ed esporre le questioni vere. Le soluzioni non saranno mai troppo diverse da quelle proposte dall'attuale Governo. Le risposte di merito non sono né di destra né di sinistra: rappresentano soltanto le soluzioni possibili a problemi che si pongono nella stessa maniera ovunque.

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