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«Basta con i pregiudizi, facciamo le riforme»

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.Luciano Violante è convinto che avvocati, magistrati, maggioranza e opposizione possano lavorare insieme per cambiare la giustizia italiana. L'ex presidente della Camera (ed ex magistrato) accoglie positivamente l'appello del Capo dello Stato e si augura che «serva per dare il via ad un processo riformatore che affronti alcuni problemi concreti. Servono dei progetti di legge su cui aprire il confronto e la discussione. Il riformismo creativo, invece, fatto di annunci mirabolanti e di precipitose retromarcia, non serve». Quali potrebbero essere questi problemi concreti su cui aprire il confronto? «Vorrei fare una premessa». Prego. «I soggetti coinvolti in questo dibattito sono almeno quattro: la maggioranza, l'opposizione, la magistratura e l'avvocatura». Perché almeno? «Perché sia nella maggioranza che nell'opposizione non c'è unità di intenti». Bene, diciamo che sono quattro. Cosa dovrebbero fare? «Gran parte della maggioranza e l'avvocatura penalista sono orientati a correggere soprattutto l'assetto di potere della magistratura, gran parte dell'opposizione e l'Anm danno maggiore importanza all'aspetto della giustizia come servizio ai cittadini. O si trova il modo parlare di entrambe le cose o non ci sarà mai confronto». Quindi, come si fa a parlare di entrambe le cose? «In Italia abbiamo 164 tribunali e più della metà non hanno un numero di magistrati sufficienti per lavorare bene. Si può affrontare questo problema? Riduciamo a cento i tribunali, con il voto della maggioranza e dell'opposizione. Presentiamo i progetti di legge in Parlamento ben sapendo che tutti i soggetti coinvolti hanno qualcosa da perdere: la politica in termini di consenso, l'avvocatura per quanto riguarda i consigli dell'ordine, la magistratura in numero di presidenti di tribunale e capi delle procure. Stesso discorso può essere fatto per quanto riguarda l'assetto di potere della magistratura». Cioè? «Leggo che c'è una certa apertura attorno all'ipotesi di sottrarre la responsabilità disciplinare al Csm. Io penso possa essere utile per eliminare il sospetto che sempre c'è sulla giustizia dei pari. Si può affrontare questo problema? I proclami non servono, servono i progetti. Meno consenso, registro invece, attorno alla riforma del Csm, che pure è necessaria». Questo significa che, checché ne dica Di Pietro, l'opposizione può parlare di giustizia con Berlusconi? «Io mi pongo un altro problema: queste riforme servono ai cittadini? Servono per migliorare la qualità della giustizia? Servono per far cambiare idea alle imprese straniere che oggi, di fronte all'incertezza delle regole, preferiscono non investire nel nostro Paese? Se servono all'interesse nazionale abbiamo la responsabilità di farle. Se servono a Berlusconi o Bersani, ai magistrati o agli avvocati, non si fanno». A dire il vero c'è chi dice che il premier vuole dialogare solo per risolvere i suoi problemi con la giustizia. «Le riforme di cui parlo servono ai cittadini. E solo su questo tipi di riforme si può lavorare insieme. Entrambe le coalizioni mettano da parte la politica dei pregiudizi e giudichino caso per caso». Non crede che i primi ad avere un atteggiamento pregiudiziale siano proprio i magistrati? «Noi siamo prigionieri di due opposti estremismi. Da un lato quelli che vogliono distruggere tutto, dall'altro quelli che vogliono conservare tutto. L'Anm è un sindacato, seppure sui generis, e non mi stupisce che faccia certi discorsi. Ciò nonostante credo dovrebbero essere più disponibili ad una riflessione complessiva. Io amo andare in montagna e quando piove e il terreno si fa scivoloso non si può restare fermi. Serve un cambio di passo. Veniamo da anni molto pesanti per il conflitto giustizia-politica. Una grande responsabilità ce l'ha quest'ultima, ma credo che anche l'Anm debba fare dei passi verso possibili soluzioni».

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