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Lazio, il Pdl prepara l'assedio

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Piero Marrazzo e Giorgio Napolitano

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Il ragionamento che serpeggia dentro il Pdl è molto semplice: il fatto che Marrazzo eviti le dimissioni serve solo a rinviare per un po' le elezioni regionali, fare in modo che non si vada alle urne a gennaio bensì a fine marzo come tutte le altre Regioni. L'autosospensione serve solo a questo. Ed è anche la tattica di chi dà già per perso il Lazio, non spera minimamente nella rimonta anche se prima del caso Marrazzo la Pisana fosse ancora considerata da entrambi gli schieramenti piuttosto in bilico, come sempre è stata negli ultimi quindici anni. Il Pdl farà di tutto per mettere il Pd sempre più in difficoltà, per gridare allo scandalo e fare in modo che il caso Marrazzo sia comunque l'argomento principale della campagna elettorale, quando si terrà. La strategia è chiara. Anzitutto coinvolgere il governo. E per farlo bisogna parlamentarizzare il caso. In una nota congiunta, i capigruppo parlamentari del Pdl Maurizio Gasparri e Fabrizio Cicchitto chiedono che si vada «subito alle urne». Marrazzo, affermano nella dichiarazione, «ha annunciato la decisione di auto-sospendersi dall'incarico. Una eventualità di questo tipo è prevista solo per impedimenti fisici che non consentano a un presidente di svolgere temporaneamente le proprie funzioni, salvo poi riprendere in pieno la propria attività. Non ci sembra il caso in cui ci troviamo. Marrazzo, a parte l'imbarazzo e l'amarezza per le vicende note, non ha impedimenti fisici o giuridici di alcun tipo. Pertanto, o si dimette dall'incarico, o prosegue nell'attività di presidente». Poi c'è il passaggio più delicato: «Rivolgiamo un pubblico appello a tutte le istituzioni, ad ogni livello, a tutte le forze politiche e sociali affinché non vengano violati i principi di legalità e di democrazia». In pratica si chiede al governo di intervenire. Alla nota seguirà, forse già oggi, un'interrogazione parlamentare sulla base della quale il governo sarà chiamato a intervenire. E a muoversi sarà innanzitutto il ministro per gli Affari regionali, Raffaele Fitto, il quale ieri ha fatto capire la sua posizione: «L'autosospensione, non prevista dallo statuto della Regione Lazio, pone fuori dal perimetro della normativa ed espone la Regione a potenziali illegittimità».   Un modo per dire: non v'azzardare a fare una nomina, a dare un finanziamneto. Fitto adesso dovrà verificare la compatibilità tra l'autosospensione e lo statuto della Regione che prevede quella formula solo in via temporanea. Dunque, il governo chiederà al presidente Marrazzo di esibire il certificato medico. Se Marrazzo spiegherà la sua sospensione con un impedimento di tre mesi, in modo da arrivare sino a gennaio (così come il centrosinistra ha fatto capire), non sarà più un'assenza temporanea ma si potrà configurare come un vero e proprio blocco amministrativo. A quel punto dovrebbe essere interessato anche il ministro dell'Interno, Roberto Maroni. In ogni caso, il Pd dovrà porre molta attenzione ai prossimi passaggi.   Di sicuro qualunque certificato medico sarà presentato il centrodestra ne farà gigantografie da affiggere in ogni strada del Lazio. Le avvisaglie sono già chiare. Tutto il centrodestra regionale è sul piede di guerra nel chiedere il voto. Lo stesso Gasparri ieri pomeriggio ha incontrato i parlamentari laziali per fare il punto della situazione e preparare le prossime tappe. In tutti i casi, il governo è già stato allertato. Se lo stallo dovesse perdurare inevitabilmente l'attuale opposizione regionale chiederà l'intervento del presidente della Repubblica. Al Quirinale la situazione è ben nota, non a caso negli ultimi giorni c'è chi ha preso lo statuto della Pisana per studiare la situazione. Un eventuale decreto di scioglimento del consiglio regionale deve necessariamente portare la firma del presidente della Repubblica. Il quale, e anche questo è ben noto, difficilmente accetterebbe «pasticci istituzionali», tanto per usare un'espressione di Massimo Villone, un costituzionalista tanto caro a Napolitano.

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