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Il professore vuole diventare popolare

Giulio Tremonti

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Le parole di elogio del posto fisso pronunciate da Giulio Tremonti sono la fine di un'epoca. L'epoca in cui tutti si sentivano sotto l'ombrello di Silvio Berlusconi. Il ministro dell'Economia è esattamente lo stesso esponente politico che tre anni fa sbandierava «più legge Biagi meno Cgil». Ovvero, osannava il principale testo che ha disciplinato il mercato del lavoro regolamentando proprio la flessibilità. Ieri invece ha riaffermato l'importanza del posto fisso. La sua dunque è decisamente una svolta. Che non arriva a caso. Anzi, è un cambio di rotta per gradi. Ha avvertito sui rischi della crisi, ha chiesto regole certe per il mondo finanziario, ha difeso il federalismo e ha proposto la banca del Sud, ha attaccato le banche e ha protetto le piccole e medie imprese e ha sostenuto i lavoratori battendosi per un'estensione degli ammortizzatori sociali. Insomma, ha cambiato pelle. Ora è la forza tranquilla del centrodestra. È andato a riscoprire le sue radici socialiste, ha allargato i suoi confini verso sinistra mettendo pesantamente in crisi proprio il Pd che negli ultimi mesi ha abbandonato quel genere di posizioni candidando per esempio nelle proprie liste uno come Pietro Ichino che assieme a Marco Biagi e Massimo D'Antona stava mettendo mano allo statuto dei lavoratori. Le mosse di Tremonti, tuttavia, vanno lette piuttosto in una dinamica interna al Pdl. E lo si è visto plasticamente alla festa del partito che si svolta a Milano alla fine di settembre. Mentre Fini parlava di cittadinanza e immigrazione Tremonti si mise a difendere l'identità nazionale, riscuotendo gli applausi del popolo di centrodestra. La nuova dimensione del professore è esattamente questa: quella popolare. È uscito dal palazzo e si rivolge direttamente all'elettorato. Non ha più come interlocutori diretti soprattutto addetti ai lavori. E anche il suo linguaggio è mutuato, è diventato più colloquiale, più simile a quello delle casalinghe che fanno la spesa. Tutto ciò si spiega solo in un modo. Pure Tremonti, anche se lo smentirà in ogni modo, è entrato in una dimensione del «dopo». Ha cominciato a guardare oltre a questa legislatura. O comunque oltre questo governo. Ha «ripulito» il suo abito di uomo del Nord e per il Nord, ha smesso di essere il riferimento delle partite Iva. E ora è il ministro di tutto il Paese. Di tutti gli italiani.  

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