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L'ultima bugia di Franceschini: "Noi siamo pronti al voto"

Dario Franceschini

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Una bugia colossale. Ad uso e consumo degli elettori. Dario Franceschini ieri, in un'intervista a «La Repubblica» (il giornale che gli tira la volata contro Pierluigi Bersani) ha gonfiato il petto spiegando che il Pd, nel caso ce ne fosse bisogno, è pronto alle elezioni anticipate. In realtà nel Partito Democratico nessuno ha voglia di andare al voto. Un evento che per il Pd sarebbe una vera e propria iattura. Per diverse ragioni. La prima è che il partito deve ancora fare le primarie e scegliere il segretario. E da quel passaggio si deve capire anche cosa resterà del Partito Democratico. «Se vince Bersani — spiega Marco Di Stefano, assessore regionale del Lazio, schierato con Letta — bisogna capire cosa fa un pezzo di partito che è legato a Franceschini. Non so se accetteranno di rimanere sotto la guida di Pierluigi. E a quel punto bisogna anche capire dove finiscono, quale formazione vanno a rafforzare». La seconda è che il nuovo segretario si troverebbe automaticamente catapultato in una competizione elettorale con un partito alle spalle ancora tutto da organizzare. E un'eventuale altra sconfitta potrebbe segnare un drammatico punto di non ritorno per il Pd. «Ci serve tempo, più tempo — spiega un esponente Pd vicino a Bersani — altrimenti rischiamo di farci travolgere». Non per niente Massimo D'Alema continua a ripetere che di elezioni anticipate non bisogna parlare. E poi ci sono le preoccupazioni di molti deputati e senatori che vedono in pericolo il loro posto. Alcuni perché raggiungerebbero la soglia dei tre mandati, oltre i quali, per regolamento interno del Pd, non si può essere ricandidati. Altri perché con un nuovo assetto degli equilibri interni sarebbero esclusi dalle liste. Specialmente se a vincere fosse Pierluigi Bersani, visto che alle ultime elezioni il segretario era Walter Veltroni. E proprio ieri la commissione nazionale del Pd ha diffuso i dati definitivi dei congressi dei circoli, dai quali è emerso che l'ex ministro è in testa con il 55,13%, seguito da Dario Franceschini con il 36,95% e da Ignazio Marino con il 7,92%. In termini assoluti, il distacco tra Bersani e Franceschini è di 84.148 voti, dal momento che l'ex ministro ha ottenuto 255.189 preferenze, contro le 171.041 del segretario, mentre Marino è stato votato da 36.674 iscritti. Analizzando i risultati regione per regione Bersani risulta il più votato in 16 regioni, contro le 4 conquistate da Franceschini (Val D'Aosta, Friuli Venezia Giulia, Sicilia e Lazio, con un distacco di soli 815 voti). Diverso il commento dei due leader. «Il livello di partecipazione nei circoli è stato davvero impressionante e senza precedenti — ha detto Bersani — È un fatto di democrazia di cui dobbiamo essere tutti orgogliosi». «Il risultato ottenuto per me è molto soddisfacente — ha proseguito — La proposta che ho avanzato è stata evidentemente compresa nei circoli. Adesso questa scelta viene messa alla prova delle primarie. Siamo tutti impegnati perché possa esserci una grande partecipazione così da rafforzare il progetto che il Pd presenterà al Paese». Laconico, invece, il commento di Dario Franceschini: «Sono gli stessi dati di una settimana fa».

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