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La manifestazione dei soliti noti

Manifestazione per libertà di stampa, un cartello che mostra Berlusconi dietro le sbarre

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Non dite che si è trattato di una manifestazione politica. Le bandiere, centinaia, del Pd, dell'Idv, del Pdci, di Rifondazione, di Sinistra e Libertà che sventolavano a Piazza del Popolo  erano solo la testimonianza della libera appartenenza a partiti che, casualmente, si oppongono a Silvio Berlusconi. Anche quella, unica, dei Verdi. Cartelli del tipo «Sono stufo di subire i soprusi da questo governo antidemocratico, bugiardo, fesso, buffone e corrotto», o «È ora di muovere la piazza per liberarsi dal nuovo Mussolini» (con foto del Cav), o ancora «L'informazione ci rendi liberi, Papi ci rende schiavi» e tanti altri, semplice libertà di espressione. I fischi al premier (quasi ogni volta che viene nominato) e le ovazioni per Michele Santoro, Ezio Mauro, Marco Travaglio, Concita De Gregorio? Diritto di critica. Libertà sindacale, invece, se si vuole parlare della polemica sull'assenza di Cisl e Uil, fischiate, mentre la Cgil faceva bella mostra di sé con bandiere e palloncini (alla fine l'organizzazione guidata da Raffaele Bonanni commenterà con un convinto «abbiamo fatto bene a non andare»). Insomma i 60mila (300mila per gli organizzatori) che secondo la Questura hanno partecipato alla manifestazione organizzata dalla Federazione Nazionale della Stampa non erano lì per motivi politici. Lo ha spiegato chiaramente il presidente della Fnsi Roberto Natale: «Non è una manifestazione per far cadere il governo. Si tratta di un appello, prima di tutto a noi giornalisti, perché si rinunci ad autoimbavagliarsi. Le bandiere non le abbiamo chiamate noi i partiti hanno fatto un passo indietro, ma in una manifestazione per la libertà di espressione non ci mettiamo ai lati della piazza a fare l'esame del sangue a chi entra». Guai quindi a sostenere il contrario. Eppure girando sotto il palco è praticamente impossibile non notare una cosa. Per la prima volta dopo tanto tempo la sinistra, quella parlamentare e quella ex parlamentare, è di nuovo tutta unita. Per l'occasione sono riapparsi Fabio Mussi, Fausto Bertinotti, Franco Giordano, Gennaro Migliore, Gavino Angius, Paolo Cento. Non sono voluti mancare Nichi Vendola e Paolo Ferrero. Al gran completo i vertici del Pd. Gli assenti come Rosy Bindi e Anna Finocchiaro, vista l'aria che tira di questi tempi, hanno già spiegato pubblicamente i motivi che li hanno spinti a disertare. I presenti (da Walter Veltroni a Piero Fassino, da Paolo Gentiloni a Massimo D'Alema, da Nicola Zingaretti a Deborah Serracchiani e David Sassoli) firmano autografi, si fanno scattare foto e rilasciano dichiarazioni e interviste a chiunque. Gli sfidanti per la segreteria ne approfittano per fare un po' di campagna elettorale. Pier Luigi Bersani tranquillizza un gruppo di signore napoletane che gli rinfaccia le assenze del Pd durante la votazione sullo scudo fiscale. Ignazio Marino invita i suoi supporter a non mancare l'appuntamento delle primarie. Dario Franceschini si intrattiene in un colloquio privato di una ventina di minuti con Roberto Saviano. Antonio Di Pietro e Luigi De Magistris si concedono il solito bagno di folla. «Sono gli unici che fanno un po' di opposizione» spiega una ragazza con in mano l'agenda rossa di Borsellino. Da qualche parte in piazza c'è anche l'ex girotondino Nanni Moretti. Tutti riservano un pensiero «affettuoso» a Berlusconi. Si vendono Liberazione, Il Manifesto, la Repubblica (che ha anche una postazione riservata in prima fila per la diretta su Repubblica.it), l'Espresso, l'Unità, Il Fatto Quotidiano. Stampa libera solo incidentamente su posizioni anti-Cav. Sul palco si ricorda allo sfinimento che il premier non ha voluto rispondere a delle domande e ha querelato chi gliele ha poste. Ma non è una manifestazione contro Berlusconi. Non è una manifestazione politica.  

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