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Per il Pd è Garko il rivale di Silvio

Gabriel Garko

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Dai, ammettiamolo: a "Porta a porta" Silvio si è prodotto in un autogol clamoroso. Puntando il vecchio stalinista D'Alema, ha suggerito al Pd il ringiovanimento della leadership. Ed eccolo lì pronto, il suo prossimo avversario: Dario Oliviero, in arte Gabriel Garko, classe 1974. Uno che ai trionfi è abituato, come dimostra il titolo di Mister Italia, vinto a mani basse tempo addietro. Un temibilissimo seduttore, insomma, di appena una spanna più giovane del premier, pure lui sciupafemmine ma intristito da troppe grane, e forse dalle prime brezze d'autunno. Chissà cosa avrà pensato, il Cavaliere, scoprendo che mentre se ne stava sulla "sedia elettrica" di Vespa a snocciolare cifre e dati sull'Abruzzo, da vero Presidente capocantiere, arredatore & interior design, troppe italiane lo tradivano con il tenebroso Gabriel, e per giunta in casa Mediaset. Oddio, a voler infierire ci sarebbe anche da parlare del furto di share perpetrato da un altro dongiovanni, il Patrick Swayze di "Dirty dancing": ma quello, poveretto, era un omaggio alla memoria. Taceremo per carità di patria dell'insidia portata anche dall'"Ispettore Coliandro" su Raidue e del dispetto subliminale di quei perfidi di Raitre, con il film sulla "caduta" di Hitler. È con Garko che il problema si fa serissimo: perché a leggere i dati Auditel che hanno premiato la fiction di Canale 5, parrebbe che davvero la sinistra abbia trovato la soluzione a ogni problema: basterà introdurre un codicillo al regolamento sulle primarie, e consentire al divo di "L'onore e il rispetto 2" di spazzare via i desolanti Franceschini, Bersani e Marino. L'attore, del resto, o finge (è il suo mestiere) o un po' pare crederci: «Devo ancora metabolizzare questo successo», ha commentato a botta calda. Neanche fosse a Hollywood: «Dedico questa vittoria al regista Samperi», che aveva diretto la serie tv prima di morire. Ma la beffa è che l'Irresistibile non si è mica rivisto in video, nei panni del mafioso in odor di pentimento Tonio Fortebracci. Anzi, ha rivelato Garko: «Ho guardato proprio lo speciale di Vespa con Berlusconi». L'opposizione ci pensa: su di lui niente dossier a luci rosse nei cassetti, al massimo un film con Tinto Brass. E vuoi mettere la soddisfazione di leggere le percentuali di ascolti tv come fossero i risultati definitivi delle politiche, seimila sezioni su seimila? Ecco che il 22,61 di Garko diventa un trionfo elettorale, e il 13,47 del Cavaliere un indice di «sgradimento» dell'operato del governo. Anna Finocchiaro esulta a nome delle signore (progressiste), mentre Rosy Bindi, immaginando lo sguardo folgorante del divo, sogna «un partito che torni a far innamorare l'Italia». La sceneggiatura è pronta. Alberto Losacco, responsabile delle campagne comunicazione Pd, va giù in automatico: «La fiction di Garko ha battuto la fiction politica di Berlusconi. Un dato di fatto su cui riflettere», come si dice dopo il voto, davanti al simbolo del partito. E ancora: «Si è celebrata la prima vera sconfitta del presidente del Consiglio». Fantastico Di Pietro: dopo aver nuovamente insultato la dirigenza Rai compie una capriola dialettica per sostenere che «Berlusconi debba danneggiare le sue tv e non quelle del servizio pubblico. Mentre Vespa raccatta un umile 13,47% di share, Mediaset si frega le mani con gli incassi pubblicitari dei suoi canali». Eppure, mormorano che a Cologno abbiano vissuto la più complicata tra le giornate dei successi di audience. Povero Silvio: il Milan gli ha giocato contro, e a Canale 5 hanno tirato fuori il prossimo leader dell'opposizione. Una nemesi mediatica, mentre a sinistra aspettano il successore di Togliatti, Berlinguer e dei vecchi stalinisti alla D'Alema. Con Garko si vince sicuro. È scritto. Sul copione.

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