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Stragi, Pdl diviso. Tocca al Cav

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seguedalla prima Giancarla Rondinelli Negli ambienti di Palazzo si fanno ipotesi, le più disparate. Dietrologie, retroscena. Si tenta di trovare la motivazione vera delle parole dell'inquilino di Montecitorio. Sono in molti a vedere nell'esortazione di Fini a «non lasciare nemmeno il minimo sospetto sulla volontà del Pdl di accertare la verità sulle stragi di mafia» anche passando per una riapertura delle indagini, un colpo basso al presidente del Consiglio. Lo stesso premier si interroga sulle reali mire del suo "amico". Con lo spettro, agli occhi di Berlusconi, di manovre in atto per una sorta di rinascita di forze centriste che in un gioco di attrazioni e scissioni si salderebbero alla calamita del "governissimo". Un incubo, per il premier, alimentato peraltro in queste ore dalle voci di un blitz, previsto per oggi, del presidente della Camera nella tana di Casini a Chianciano dove si è riunito lo stato maggiore dell'Udc e da dove è stato rilanciato con determinazione il progetto di un grande centro. L'aria dunque non è delle migliori. Il partito si interroga, guardingo e sospettoso. La sera dell'intervento di Fini, chiusi i lavori della scuola di formazione Pdl, tutti i parlamentari presenti sono stati invitati dai capigruppo a cena, nelle campagne eugubine: una per i deputati e una per i senatori. C'erano tanti ministri presenti, tanti esponenti di governo. A tavola, non ci sono stati riferimenti diretti a quelle parole che, poco prima, facevano calare il gelo in sala. Ma più di un commensale ha ricevuto telefonate da Roma per avere spiegazioni di quanto affermato da Fini. Increduli persino alcuni dei colonnelli a lui vicini: cellulare in mano si sono affrettati a telefonare ad alcuni ministri presenti per avere la loro impressione, sondare gli animi, provare ancora una volta a fare da "pontieri". La risposta è stata sempre la stessa: stavolta Gianfranco ha esagerato. Cresce la tensione, e aumentano i malumori. Ieri è stata la giornata dell'incidente tra Alfano e Schifani. Anche loro a Gubbio, anche loro sulla questione mafia. Il ministro della Giustizia appena sceso dall'auto blu, interpretando il suo ruolo di Guardasigilli, ha detto a caldo ai giornalisti che lo incalzavano che «se vi saranno elementi per aprire nuovi processi sulle stragi, i magistrati lo faranno con zelo e coscienza e siamo convinti che nessuno abbia intenzione di inseguire disegni politici ma solo un disegno di verità». Il ministro della Giustizia non ha ancora finito di parlare che dalla capitale rimbalza il commento di apprezzamento di Fini. Affermazioni che condivide «al cento per cento», spiega il presidente della Camera, in quanto «indica chiaramente l'auspicio del governo» e «spazza via le strumentali interpretazioni e le false dietrologie». Ma Schifani non ci sta, si spinge oltre. E nel suo intervento nel corso del dibattito - dopo aver premesso di nutrire per la magistratura il massimo rispetto - ha puntualizzato: «Mi piace meno quando alcuni singoli magistrati, seguendo percorsi contorti e nebulosi e avvalendosi di dichiarazioni di collaboratori di giustizia che parlano per sentito dire, tendono a riproporre teoremi politici attraverso l'evocazione di fantasmi di un passato lontano che avrebbe visto congiure contro il regolare assetto delle istituzioni». Si aspetta dunque, una svolta, un segnale. Berlusconi chiuderà le assise di Gubbio con un intervento telefonico che, secondo le previsioni della vigilia, dovrebbe avere dei toni concilianti. Per poi vedere Fini in serata alla cena di Villa Madama con i presidenti dei parlamenti del G8. L'attesa cresce.

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