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L'Italia ha una sola bandiera

Una famiglia in bicicletta con il tricolore nelle strade di Firenze

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Tocca alla Bandiera. Prima l'esame di dialetto ai professori. Poi il dialetto somministrato agli alunni. Non basta. E allora beccatevi il Festival di Sanremo in lingua locale. Ora il Tricolore. Ci mancava solo quello. La Lega prende di mira il simbolo d'Italia. Che poi, ironia della sorte, è nato proprio a Reggio Emilia in piena Padania. Ma allora questa volta che cosa chiedono gli uomini di Bossi? I vessilli regionali, simbolo delle diverse identità, abbiano pari dignità costituzionale del Tricolore. Ecco, ci mancava. E non si tratta di una proposta del Borghezio di turno. No, per carità. Ma direttamente del capogruppo al Senato, Federico Bricolo. Il quale, è vero, riconosce timidamente il valore del Tricolore e dell'inno di Mameli. Ma, è questo il ragionamento, oggi l'Italia è federalista e dunque si affianchino anche le bandiere e gli inni. E lo si facciano direttamente nella Costituzione. La proposta di legge infatti punta a inserire un comma nell'articolo 12 della Carta che riconosca i simboli di ciascuna Regione. «L'articolo 12, comma 1 della Costituzione - si legge nella proposta presentata dalla Lega - riconosce quale simbolo della Repubblica italiana il tricolore. Nei principi fondamentali della Costituzione non è, viceversa, incluso alcun riconoscimento ufficiale dei simboli identitari che contraddistinguono le Regioni. Tale lacuna - spiegano i senatori della Lega - si rende, ad oggi, inammissibile, alla luce della sostanziale valorizzazione del ruolo politico ed istituzionale delle Regioni realizzata dalle più recenti riforme costituzionali». Una proposta pensata nell'ottica di un recupero «dei simboli identitari che, contraddistinguendo ciascuna realtà regionale, contribuiscono ad alimentare quel legame dei cittadini con il territorio che è presupposto indispensabile di qualsiasi riforma federale dell'ordinamento». Così il partito del Sole delle Alpi che ha fatto del proprio radicamento territoriale un motivo di vanto, continua la battaglia in difesa delle identità locali. Non bastava la provocazione del ministro Luca Zaia, che a maggio propose di inserire l'insegnamento del dialetto nelle materie scolastiche, né quella della collega di partito la deputata Paola Goisis che proponeva, per gli aspiranti professori, un esame per testare la conoscenze della lingua e della tradizione delle regioni dove si intende insegnare. E Bossi in persona che chiedeva uno spazio local al Festival della canzone nazionale. Una sequenza di proposte «innovative» che forse ieri ha raggiunto l'apice andando a toccare il Tricolore.   Eppure, quel vessillo del quale il Carroccio vorrebbe in qualche modo attenuare il valore simbolico dell'unità del Paese, è nato più di due secoli fa proprio in «Padania», e che, dopo la nascita della Repubblica, l'Assemblea Costituente nel 1947 ha voluto renderlo costituzionale nell'articolo 12 che recita testualmente: «La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso a tre bande verticali di eguali dimensioni». È di certo lontano quel comizio del 1997 quando Bossi sparò a zero: «Uso il Tricolore soltanto per pulirmi il culo», oggi cambia l'approcio, più soft e istituzionale, ma, sta di fatto che, la proposta incassa le critiche di tutto il mondo politico. Prima in assoluto quella che arriva dalla seconda carica dello Stato, il presidente del Senato Renato Schifani: «Il Tricolore è un intangibile valore, simbolo dell'unità del Paese». Dichiarazione ribadita anche da Alessandra Mussolini, deputata del Pdl: «Non sono d'accordo. C'è la bandiera italiana punto e basta. L'Italia è una, unita e sovrasta tutto». E se l'Italia dei Valori con Massimo Donadi parla di «colpo di sole», il segretario del Pd Dario Franceschini s'inalbera: «Ieri si sono inventati le gabbie salariali, oggi le hanno smentite. Adesso, tanto per perdere tempo, i senatori della Lega hanno tirato fuori le bandiere regionali da affiancare al tricolore. Io mi chiedo se hanno tempo da perdere». Dalla maggioranza, solo il Movimento per le Autonomie appoggia l'iniziativa: «Esaltare la specificità anche delle regioni del Sud attraverso la Carta Costituzionale è davvero una felice intuizione». Ovviamente la Lega difende a spada tratta l'idea. È a farlo è proprio il ministro dell'Agricoltura, Luca Zaia: «Voglio ricordare ai tanti sepolcri imbiancati che credono che la realtà nazionale debba essere un museo, che invece la gente e le culture si modificano e non si può essere nella modernità a ore alterne». L'analisi più ironica arriva infine da Osvaldo Napoli del Pdl: «Desidero fare i miei complimenti all'amico senatore Federico Bricolo, del quale ignoravo il fiuto giornalistico. Con la sua trovata ha dato materia ai giornali per riempire una buona paginata anche domani, giovedì 6 agosto, con mezza Italia sul bagnasciuga o sotto l'ombrellone».  

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