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Pensioni, arriva il solito no della Cgil

Epifani

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Non ce la fanno proprio a dire "sì". Dal vocabolario della Cgil, questo monosillabo, è sparito da tempo. Con una ripetizione che rischia di sconfinare nell'ossessione, il segretario generale Guglielmo Epifani, ha chiuso le porte in faccia a tutte le riforme approvate o solo proposte dall'esecutivo di Silvio Berlusconi. È successo ancora, ieri, sul fronte delle pensioni delle statali, aperto non certo per volere del governo, ma per richiesta esplicita di un'entità sovranazionale come l'Unione Europea che ha imposto all'Italia di equiparare le norme sul tema a quelle vigenti negli altri Stati membri (pena la procedura d'infrazione e una multa pesante). Non un capriccio dell'esecutivo dunque ma un obbligo imposto dal fatto che l'Italia fa parte a pieno titolo dell'Europa. Ma tant'è. La Cgil non sente ragioni e valutazione alcuna. Ed è pronta a mettere in gioco quel che resta dell'unità sindacale in Italia pur di non prendere atto che una serie di fattori come l'aspettativa di vita e il carattere cogente delle richieste di Bruxelles richiedono una valutazione scevra da irrigidimenti ideologici. Sì perché, oltre a dire no ai provvedimenti che i ministri Tremonti e Sacconi intendono prendere per ottemperare ai richiami europei e per garantire la sostenibilità del sistema previdenziale nel lungo periodo, Epifani ha fatto «spallucce» anche alle aperture di Cisl e Uil preferendo la trincea a qualunque mediazione. «Le iniziative del governo sulle pensioni rappresentano un'operazione che serve solo a rassicurare i mercati finanziari, peccato che soprattutto le donne pagheranno un prezzo alto» ha detto il segretario generale della Cgil dopo l'incontro a Palazzo Chigi nel corso del quale il governo ha spiegato la sua linea d'azione sulla previdenza. «Si comincia - ha detto Epifani - con l'innalzamento dell'età della pensione per le donne nella pubblica amministrazione, poi chiederanno lo stesso a quelle del privato, poi ci sarà una finestra che sposterà ancora più avanti l'età». A nulla sono servite le parole di Tremonti che ha spiegato come gli interventi sulle pensioni non sono stati decisi per fare cassa, ma per il bene del Paese, perché garantiscono e danno certezza alle pensioni. E lo dimostra il fatto che i risparmi saranno utilizzati nel Welfare. Parole che convincono Cisl e Uil, che promuovono le misure, lasciano cauta l'Ugl, ottengono la valutazione positiva da parte della Confsal a patto che i risparmi siano riutilizzati nel welfare per la donna, ma non smuovono di un millimetro il no della Cgil che giudica il provvedimento «inaccettabile» e «forzoso». E che alla lunga alzerà l'età di pensionamento per tutti. Una tesi confutata dal ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, che ha escluso nel modo più assoluto che l'aumento dell'età del ritiro dal lavoro delle statali possa essere esteso anche alle colleghe del settore privato. L'emendamento del governo prevede un aumento graduale dell'età pensionabile per le donne nel pubblico impiego a partire dal 2010 di un anno ogni due, fino a raggiungere nel 2018 i 65 anni, anno in cui si raggiungerà l'equiparazione con gli uomini, così come richiesto dall'Europa: ciò porterà minori spese tra il 2010 e il 2018 pari a 2,5 miliardi, come ha reso noto il ministro della Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta. Ma le nuove norme stabiliscono anche che, a valere dal 2015, l'età pensionabile sia legata all'aumento dell'aspettativa di vita. «L'aggiustamento dell'età pensionabile in base all'aspettativa di vita - ha spiegato Sacconi - è una misura di stabilizzazione solamente eventuale: dal 2015, se l'aspettativa di vita continuerà ad alzarsi, ci sarà un moderato incremento dell'età pensionabile al massimo di tre mesi sul quinquennio precedente, e verrà verificato altrettanto sul quinquennio dopo». D'altronde, come ha rilevato Tremonti, i grandi numeri sono grandi numeri, non c'è nessuna scelta politica o discrezionale perché il meccanismo si fonderà sulla demografia in base a dati Istat ed Eurostat «Per il bene del Paese - ha ribattuto il leader della Cgil, Guglielmo Epifani - bisognerebbe fare un'altra cosa: affrontare il tema della previdenza in modo organico». Già ma per fare questo serve che le parti in causa, tutte, compresa anche la Cgil, cominciassero anche a dire sì a qualcosa.

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