Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Intercettazioni, Di Pietro attacca: c'è il golpe e Napolitano usa la piuma

Antonio Di Pietro

  • a
  • a
  • a

Va già duro il leader dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, contro l'atteggiamento a suo dire troppo morbido del Quirinale sul ddl che dà una stretta alla possibilità di utilizzare le intercettazioni nelle indagini giudiziarie. L'affondo è diretto e non si presta a equivoci: «Signor Presidente, lei sta usando una piuma d'oca per difendere la Costituzione dall'assalto di un manipolo di golpisti» dice Di Pietro. Convinto che il governo voglia limitarsi a qualche «modifica di facciata», per far approvare ugualmente il provvedimento, con il suo «stop alle intercettazioni» e il «bavaglio alla stampa». Così l'unica strada da percorrere, a suo giudizio, è quella di imporre al governo il ritiro del provvedimento, anche a costo di arrivare allo scontro. Le sue parole provocano però la reazione anche di chi, come Dario Franceschini leader del Partito Democratico, in teoria è alleato dell'ex magistrato di Mani Pulite. «È intollerabile che il leader dell'Idv coinvolga il Presidente della Repubblica nella polemica politica. Il Presidente sta svolgendo con intelligenza la sua funzione di garante delle regole e degli equilibri istituzionali. Di questo l'intero paese deve essergli grato» dice quasi stizzito Dario Franceschini. Parole altrettanto dure che innescano la replica a stretto giro di Di Pietro: «Non accetto lezioni da chi fa opposizione a giorni alterni». Il leader dell'Idv poi precisa: «Non ho coinvolto il Capo dello Stato nella polemica politicaperché non c'è alcuna polemica, c'è solo il coraggio di dire e fare ciò in cui si crede. La legge sulle intercettazioni è una porcata, non bisogna rivederla, bisogna cancellarla ed occuparsi delle priorità per il Paese, della crisi economica». Nella lite tra i due litiganti del centrosinistra si infila il Pdl, con la richiesta a Franceschini di rompere una volta per tutte con i dipietristi. Lo chiedono in tanti, da Capezzone, (secondo cui il leader del Pd «non può limitarsi ad una polemica di giornata, ma deve annunciare la volontà del Pd di rompere con l'Italia dei Valori e con il suo giustizialismo») a Sandro Bondi, che spera che questa vicenda «possa aiutare il Partito Democratico ad affrancarsi definitivamente e nettamente dal partito di Di Pietro, che rappresenta ormai chiaramente un movimento politico dai tratti antidemocratici». Dal Quirinale, nessun commento. Al Colle fanno sapere che la presidenza della Repubblica non intende entrare nelle polemiche politiche. A far abbassare il livello della polemica la possibilità che l'aula di Palazzo Madama esamini la riforma delle intercettazioni probabilmente dopo la pausa estiva. Lo fa capire la seconda carica dello Stato Renato Schifani in un'intervista a «Il Corriere della Sera». Lo conferma nella giornata di ieri il presidente della commissione Giustizia del Senato Filippo Berselli. E ad avvalorare l'ipotesi c'è anche la possibilità («certa ormai al 90%») che il termine per la presentazione degli emendamenti, fissato per oggi alle 20 in commissione, slitti a dopo l'estate. «Non posso certo escludere - afferma Berselli - che il ddl intercettazioni arrivi all'esame dell'Aula del Senato dopo l'estate». La verità, si fa capire nel Pdl, è che il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi non vorrebbe far cadere nel vuoto l'appello del Capo dello Stato a modificare in alcuni punti la norma. Ci sono questioni delicate, come quella che per intercettare ci dovranno essere «evidenti indizi di colpevolezza» anzichè «gravi indizi di reato», sulle quali il Quirinale ha chiesto un supplemento di riflessione. Al Colle infatti si teme che si possano bloccare per sempre le indagini contro ignoti e quelle contro la criminalità organizzata.

Dai blog