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Fuoco nemico, italiani sotto tiro

Italiani sotto tiro in Afghanistan

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Sotto attacco. Nella Valle di Musahi nella regione di Kabul, nella provincia occidentale di Farah. I soldati italiani ogni giorno e ogni notte devono fare i conti con l'offensiva degli «insorgenti» particolarmente aggressivi in questo periodo prelettorale. Sette militari feriti negli ultimi trenta giorni negli scontri con le forze ostili. Termini che vogliono indicare tutta la galassia dei combattenti che si oppone alle forze internazionali in quanto sostegno di quel governo Karzai al quale si oppongono. Sono talebani in senso stretto ma anche bande di criminali, signori della guerra che abbandonate le ideologie difendono i loro traffici di oppio, armi e aiuti umanitari che sottraggono alle Ong e rivendono. Le pattuglie italiane viaggiano lungo le polverose strade afgane e sempre più spesso si ritrovano sotto il tiro degli insorti. Le polemiche sterili tra operazioni combat e di peacekeeping non tengono conto della situazione sul terreno. Nella provincia di Farah la Task force 45 è impegnata contro gli insorti in supporto alle forze di sicurezza afgane così come stabilito dal mandato internazionale. E questo certo provoca le reazioni di talebani e insorti che a uno stato organizzato preferiscono il caos. Nella notte tra l'8 e 9 giugno l'attacco a 35 chilometri a sud di Kabul. Un razzo sparato a un Rpg sibila sopra il Lince che guida la colonna. I parà del 186° reggimento Folgore mettono subito in atto le procedura di sganciamento. Una pioggia di proiettili di kalanshnikov investe i mezzi super blindati. Il mitragliere italiano «innaffia» le alture circostanti. Ancora razzi contro la pattuglia italiana e raffiche di armi leggere. I parà avvisano la sala operativa e dalla base avanzata partono i rinforzi. Uno scontro aspro con gli insorti che cercano di avanzare ma ecco che arrivano i colpi di mortai e che investono i guerriglieri. Nel frattempo ecco sopraggiungere un'altra pattuglia di parà: scende dai mezzi e avanza verso i contrafforti facendo fuoco. Episodi del genere avvengono quasi ogni giorno. Agli insorti interessa avere libertà di manovra per i loro traffici e per continuare le attività criminali. «Non gli interessa che qui noi costruiamo scuole, cliniche, distribuiamo aiuti - spiega il colonnello Aldo Zizzo comandante del contingente italiano a Kabul - Anzi questo li indebolisce agli occhi della popolazione locale che ci vede invece con favore. I manifesti elettorali sono già spuntati sui muri di Kabul. Mostrano i nomi ed i volti dei candidati che il 20 agosto daranno all'Afghanistan il secondo presidente eletto a suffragio universale della sua storia. La campagna si è aperta ufficialmente tre giorni fa. E si annuncia insanguinata nonostante gli sforzi della comunità internazionale che, sotto le bandiere della Nato e degli Stati Uniti, ha schierato nel paese 90.000 soldati (21.000 quelli americani). Gli sforzi aumenteranno. Il ministro della Difesa italiano, Ignazio La Russa, ha annunciato che è stato autorizzato l'invio di 400 militari che si aggiungeranno ai 2.800 italiani già presenti in Afghanistan tra Kabul e Herat.

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