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Veltroni torna in campo: in aiuto di Franceschini

Walter Veltroni con Dario Franceschini

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Veltroni torna in campo. Dopo un silenzio lungo cinque mesi, durante i quali ha fatto perdere le sue tracce, l'ex leader del Pd rioccupa la scena per difendere la «sua cratura», il Partito democratico e per appoggiare il segretario Dario Franceschini. Non è un vero e proprio endorsement, giacchè la candidatura di Franceschini in vista del congresso non è stata ancora ufficializzata, ma di fatto Veltroni chiarisce che non intende lasciare da solo il suo ex vice. E lo fa convocando a Roma per il 2 luglio, al Capranica, un'iniziativa, a «due anni dal Lingotto», per il rilancio e il rafforzamento del progetto del Pd e scongiurare il pericolo di «un ritorno indietro». Con una lettera pubblicata su Facebook Veltroni precisa di voler restare fuori «da un certo tipo di battaglia politica» e dalla logica delle correnti. L'obiettivo sarà quello di «dire che i grandi obiettivi attorno ai quali ci eravamo ritrovati allora, ovvero fare un'Italia nuova, unire gli italiani, aprire una nuova stagione di governo per il Paese, sono gli stessi di quelli che oggi attendono il Partito Democratico». La manifestazione alla quale interverranno Francesca Barracciu, Tito Boeri, Sergio Chiamparino, Paolo Gentiloni, Pietro Ichino, Andrea Martella, David Sassoli, Aldo Schiavone, Debora Serracchiani, Luigi Zanda, sarà un modo per dire che il progetto del Pd è valido tutt'ora contro quanti invece «vogliono metterlo in discussione». «Sento che attorno al Pd - dice Veltroni - le tensioni tornano e aumentano, perché si arriva dire che forse sarebbe meglio lasciar perdere il Pd oppure ridurne le ambizioni trasformandolo in un frammento minoritario di uno schieramento senza un disegno riformista». Parla degli errori compiuti e da non ripetere, ovvero «i laceranti scontri interni, il gioco perverso dei posizionamenti individuali» che hanno preso il posto «di un unitario lavoro comune». E siccome, ammette, di «non essere riuscito a impedire queste dinamiche» la scelta non poteva che essere quella dimissioni.

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