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L'appello disperato di Dario: "Elettori delusi, non fuggite"

Dario Franceschini

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Non uno straccio di proposta elettorale, non un'idea, solo la nuda e cruda sopravvivenza del Pd sbattuta lì, in faccia agli elettori. Dopotutto a via del Nazareno sanno che gran parte del successo o insuccesso elettorale del Pd dipenderà dalla scelta dei «delusi». Se andranno a votare comunque la sconfitta sarà meno cocente. Altrimenti potrebbe essere la fine. Così, anche ieri, Franceschini ha spinto sullo stesso tasto e, da Reggio Calabria, ha rivolto l'ultimo, disperato, appello agli elettori: «Ai delusi dico "Non è il momento della fuga". Solo il Pd è l'argine al padrone assoluto e chi non vota aiuta Berlusconi». Un'accorata chiamata alle urne del segretario che, anche se pubblicamente insiste sul fatto che «non se ne può più di 15 anni di balle» del presidente del Consiglio, segretamente sa che la catastrofe si avvicina. In ogni caso Franceschini si gioca le ultime carte. Sceglie Reggio Calabria, città di frontiera, e si presenta in piazza indipendenza con Maria Rosaria Capacchione, candidata Pd e giornalista sotto scorta per le inchieste sulla camorra nel Napoletano. Scelte emblematiche per un partito che, spiega, «è destinato a perdere se il confronto è solo sulla tutela degli interessi legittimi ma può vincere se difende i valori» dell'uguaglianza e della legalità, della serietà in politica come del merito nella società. E poi dall'altra parte, attacca, «c'è un premier che racconta balle da 15 anni e, come un disco rotto, ripete le stesse accuse, demonizza gli avversari, e parla di complotti». Accuse «ridicole, ridicole», ripete Franceschini, «sintomi dell'insofferenza» di Berlusconi verso «chiunque ostacoli la sua luminosa azione di governo»: la magistratura come la stampa. «Ha attaccato frontalmente anche il governatore Mario Draghi - incalza il segretario del Pd - perché sulla crisi ha detto solo la verità. Eppure aveva definito la sua relazione berlusconiana...è la prova che il premier è sempre più nervoso e inaffidabile». I reggini applaudono, sventolano striscioni «dal Sud ma non da sudditi». E Franceschini spera che la contrapposizione tra due modelli culturali e politici, tra due Italie, quella «vera» e quella «finta e di plastica», mostrata in tv, basti per scacciare l'astensionismo. «C'è una parte d'Italia - ammette - tentata dal non voto, delusa dalla nostra litigiosità, che ora abbiamo superato perché discutiamo nelle stanze, ma poi si esce con una voce sola. Noi li capiamo ma non è questo il momento della fuga. Chi non va a votare vota per la destra e per Berlusconi. A loro chiediamo una mano perché solo se il Pd ha più forza, si può andare avanti per cambiare il Paese«. In serata poi, intervistato dal Tg1 respinge anche la descrizione di un Pd spaccato con ex margheriti pronti ad abbandonare la baracca. «Mai come adesso il Pd ha lavorato come una squadra - sottolinea - Abbiamo definitivamente lasciato alle spalle la stagione della litigiosità, abbiamo obiettivi comuni e condivisi». La speranza è l'ultima a morire.

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