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Caro Franceschini il velinismo è figlio della sinistra

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Hasentito bene. Gli appelli alla superiorità morale che lei fa, nel nome di un'Italia con valori anti-Cavaliere, sono sbagliati. Cos'hanno in comune, infatti, con la sinistra le belle e spavalde ragazze che credono che il mondo sia ai loro piedi, che tutto sia facile e raggiungibile, basta blandire i satrapi (un mito che spesso e volentieri alberga proprio nelle loro famiglie), saltando ogni fatica, ogni sacrificio culturale e ogni progetto vero? Un vizio d'origine. Basta spiegarlo, andando un po' indietro con la nostra storia. I neo-post-comunisti hanno sempre avuto da noi il monopolio della comprensione e dell'indirizzo della società e delle coscienze. In una parola, hanno determinato gli schemi (ideologici) della realtà, approfittando del sonno della Dc, unicamente impegnata ad amministrare il potere. Del resto, uno dei loro maestri era Lenin: «Non conta la realtà - scriveva - ma l'interpretazione ideologica della realtà». Peccato che poi sia arrivato Silvio Berlusconi a scombinare i giochi e a sparigliare le carte. Ha «americanizzato la politica», ha rappresentato l'Italia profonda, il cittadino «fai-da-te», deideologizzando i partiti e introducendo a Palazzo il linguaggio del mondo del lavoro, dello sport, dell'impresa, della strada (e, come se non bastasse, ha «berlusconizzato» anche la sinistra, ma evidentemente la gente dentro le urne preferisce l'originale alla copia). Dal 1994 la sinistra politica e intellettuale è in crisi di contenuti, di ricette e di leader capaci di capire la complessità della nuova società. E da allora annaspa tra la foto degli eterni anni Settanta, la censura morale e la difesa di ogni status quo (istituzionale, politico, sociale, economico etc), che da noi fa rima con l'immobilismo, braccio armato di ogni casta. Insomma, una sinistra depressa e negativa. Accortosi di tale limite e cercando di uscire dall'astrazione ideologica con la quale affronta ogni tematica (sicurezza, flessibilità, crisi), Franceschini ha pensato bene di riproporre la questione dei valori, per tornare a gestire le menti degli italiani, per ri-prendere i voti. Il teorema del leader del Pd è semplice: Berlusconi è il simbolo del far west, della competizione selvaggia, della macelleria sociale, del qualunquismo-populista, dell'apparire, del facile successo, del velinismo; mentre la sinistra è l'incarnazione dell'etica, del bene comune, del rispetto civile e della solidarietà sociale. Nulla di nuovo sotto il cielo. Si tratta dell'estrema declinazione della «sindrome di Voltaire»: essere custodi del bene. Peccato che sia vero il contrario. Il consumismo, semmai, è figlio degli anni Ottanta craxiani. Mentre l'egoismo individuale e di massa è figlio del '68 e della cultura della sinistra. Cosa ha trasmesso, infatti, la Contestazione? La mistica dei diritti senza i doveri, la libertà senza autorità e senza responsabilità (si legga deresponsabilizzazione individuale). Questa è la principale causa della mancanza di senso civico, identità, etica da parte degli italiani. Il consumismo e la Play station della vita dei giovani è soltanto una conseguenza.

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