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«È un'azienda che dà lavoro a mezza città»

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dall'inviatoCASSINO Il precedente lascia ben sperare. «Era il biennio 2003-04. La Fiat attraversava uno dei ciclici periodi di crisi. Allora io e l'Abate di Cassino andammo fino a Torino e fummo ricevuti dall'allora presidente del gruppo, Franzo Grande Stevens, che ci promise che per il nostro stabilimento non ci sarebbe stata nessuna ripercussione. Andò così, e quindi non vedo perché non dovremmo fidarci adesso». Quel "pellegrinaggio" Bruno Scittarelli, sindaco di Cassino dal 2001, sarebbe pronto a rifarlo. «Se ce ne fosse bisogno partirei subito, perché la Fiat è troppo importante per la nostra città». Quanto importante? «Tra lavoratori "interni" e indotto, circa 12 mila persone nel Cassinate ruotano intorno all'azienda torinese. Se pensa che molte di queste persone "hanno famiglia" e che Cassino conta 36 mila abitanti, può trarre le conseguenze». Se chiude la Fiat, va in crisi Cassino... «Esatto. Anche per questo stiamo cercando di differenziare l'economia, potenziando il terziario. I frequenti periodi di cassintregazione ci hanno messo in difficoltà». Cosa pensa della fusione con Opel? «Una grande opportunità per crescere, a patto che nessuno stabilimento italiano venga chiuso». In futuro potreste avere a che fare con una multinazionale... «Non sarà facile confrontarsi con un interlocutore "aleatorio", ma è il prezzo da pagare alla globalizzazione. Se il marchio è più conosciuto all'estero, ci guadagna anche Cassino». Parla spesso con i dirigenti locali della Fiat? «C'è un confronto quotidiano. Sono ottimisti. Un po' meno le persone che non si sono viste rinnovare il contratto e vengono a chiedere lavoro da me. O quelli che ce l'hanno ma temono di perderlo». E a loro cosa dice? «Che la Fiat manterrà le promesse. Ma siamo pronti a marciare su Torino per difendere i livelli occupazionali». Car. Sol.

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