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In aula sorrisi e pacche sulle spalle

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Quelle nuvole sono passate e Bossi dà la mano a tutti i deputati del Pdl: la dà a me e poi si ferma a parlare con l'onorevole Emerenzio Barbieri, braccio destro di Giovanardi. Anche Maroni, scortato pure lui da Cota, appare molto in palla. Parlo con lui un attimo di Bologna (il ministro ha un debole per Porretta Terme dove ogni anno si esibisce con la sua band), ma si vede chiaramente che, in questo momento, il chiodo fisso del titolare degli Interni sono i respingimenti. Al di là delle inutili e velleitarie prese di posizione dell'Onu e del Consiglio d'Europa, mi pare evidente che i respingimenti dei clandestini siano sacrosanti per non pregiudicare gli interessi dell'Italia e degli italiani: come mi ha ricordato l'altro giorno anche un cardinale, c'è un bene comune che deve essere preservato dallo Stato e che non può identificarsi con la carità che è invece propria della Chiesa. Ma torniamo al mio diario di bordo nel giorno del voto di fiducia alla Camera sul pacchetto sicurezza (anzi di tre voti, sparsi nell'arco della giornata). Mi aspettavo in aula un'atmosfera tesa, molto fredda. E invece riscontro un clima festoso da primo giorno di scuola, una specie di rimpatriata. Grandi strette di mano e abbracci, a cominciare da Brunetta, alla Michela Brambilla che, per la prima volta si presenta alla Camera vestita da ministro (e, di conseguenza, esibisce un austero tailleur blu): le incomprensioni di un anno fa sul suo conto all'interno del Pdl sembrano, ormai, un lontano ricordo. Anche Paolo Romani, assurto al rango di vice-ministro, riceve grandi paccate sulle spalle. Paolo Bonaiuti fa la passarella in Transatlantico scortato da Giorgio Lainati, vicepresidente della Vigilanza Rai, mentre Denis Verdini, già abbronzato, si sofferma a parlare con qualche collega di partito in un angolo dell'aula di Montecitorio: manovre in vista? Guardo dall'altra parte dell'aula, a sinistra, e anche lì non vedo gente che si strappa le vesti, anzi. Solo Fassino (con inediti occhiali scuri) e Bersani sembrano assorti e, a un certo punto, vanno ad appartarsi in un angolo della buvette. Vedo Franceschini che addirittura scherza con un collega che pare bloccargli il passaggio dal suo seggio all'emiciclo in basso dove c'è il tavolino degli stenografi. Anche Di Pietro appare pimpante e parla a lungo con la Mura. Ma c'è anche chi non nasconde il proprio disagio: è il caso di Paolo Guzzanti, oggi iscritto al Gruppo Misto, che dice «no» al voto di fiducia. E pensare che era stato eletto nelle file del Pdl... A parte, dunque, qualche franco tiratore che ora non ha più modo di nascondersi (ce n'erano stati molti di più con il voto segreto sul periodo di permanenza nei centri di accoglimento dei clandestini...), tutto procede secondo la tabella di marcia e senza altri colpi di teatro. Come volevasi dimostrare: il diario di bordo segna tempo bello stabile. Almeno nelle file della maggioranza.

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