Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Di Pietro rilancia l'intellettuale organico

default_image

  • a
  • a
  • a

Ilragionamento è semplice e perfetto, seppure un tantino brutale. Siamo ad un passo dal crollo della democrazia, la civiltà in quanto tale è minacciata, e dunque chi pensa non può stare a guardare, non può nutrire dubbi su quale sia la parte giusta. Appunto Di Pietro e l'Italia dei Valori. I primi a convincersene, i primi a scegliere la libertà contro la tirannia, la legge contro il caos, sono stati Gianni Vattimo, Andrea Camilleri e Nicola Tranfaglia. Intellettuali di rango, per carità, ma già conosciuti come politicamente inquieti, come professionisti notori dell'antiberlusconismo, come spiriti settari. Che abbiano trovato casa, a questo giro, dalle parti dell'ex-magistrato di Mani Pulite in fondo non deve stupire, vista la comune e viscerale avversione che hanno sempre nutrito per il Cavaliere. Ma poi è arrivata, a sorpresa, la pubblica dichiarazione di voto di Claudio Magris, dell'aristocratico e coltissimo Magris, l'esperto numero uno in Italia di crisi delle civiltà, il solitario e raffinato cantore del declino dell'Impero austroungarico, e allora il gioco si è fatto assai più serio. Se anche quest'ultimo ha lasciato la sinistra istituzionale per schierarsi con Di Pietro vuol dire che qualcosa di tragicamente serio sta accadendo. Vuol dire che gli intellettuali italiani, tutti, debbono pensare bene a cosa fare, a quale posizione prendere. Umanità o barbarie? L'inquisitore per eccellenza o l'inquisito per definizione? Vedremo quel che l'appello di Di Pietro agli intellettuali di buona volontà e di retta coscienza produrrà nei giorni a venire. Non è da escludere che altri nomi di rango rispondano al suo accorato richiamo. Magari Umberto Eco. Magari Dario Fo. Nel frattempo alcune cose si possono dire. La prima e più importante: il sempre furbo e fintamente ingenuo leader dell'Italia dei Valori non sa chi si è messo in casa e non sa cosa l'aspetta. Per ora sono tutte rose e fiori, ci sono i vandali da ricacciare e bisogna fare gruppo. Ma avere un gruppo di intellettuali tra i piedi, che presto verranno a dirti cosa e giusto e cosa è sbagliato, che vorranno farsi sentire e guai a non ascoltare i loro pensieri profondissimi, significa una cosa sola: che quanto prima, ovviamente dopo averli sbandierati e utilizzati, dovrà troverà l'occasione per sbarazzarsene. Che si stufi della loro supponenza, del loro saperla sempre troppo lunga, è solo questione di tempo. Siamo facili profeti: voleranno gli stracci, nelle stanze dell'Italia dei Valori. Ma l'errore dell'ex magistrato è doppio. Gli intellettuali, utilizzati così, come specchietto per allodole, come soprammobili o gingilli, ti danno magari qualche lustro e ti fanno anche sentire importante, ma non ti portano un voto che sia uno. Tocca semmai a chi fa politica per davvero caricarseli sul groppone e procacciare i consensi per conto loro. Sappia infine Di Pietro che gli intellettuali, oltre che vanesi e ondivaghi, presi solo da se stessi, sono ingrati per definizione. Li copri di attenzioni, li fai eleggere e non ti dicono nemmeno grazie. Se ne accorgerà. C'è comunque dell'altro. Con questa sua uscita, senza dubbio azzeccata dal punto di vista propagandistico, Di Pietro ha rilanciato una figura, l'intellettuale organico, l'intellettuale avanguardia del partito, l'intellettuale che dovrebbe guidare le masse e risvegliare le coscienze, tipica delle culture totalitarie, della quale a fatica c'eravamo liberati. Volendo guardare avanti, si è finito per rivangare un passato per il quale nessuno dovrebbe provare nostalgia. Se gli intellettuali, categoria vaga e indistinta, generica e approssimativa, hanno una qualche funzione è giusto quella d'esercitare la loro intelligenza critica contro il potere, quale che sia, avendo con la politica un rapporto per quanto possibile distaccato e ironico, di vicinanza ma non di commistione. Un pensatore in lista, che prende partito in modo troppo plateale, non è una guida morale alla quale inchinarsi, ma un candidato tra gli altri, un ambizioso tra tanti, uno che davvero non ha niente da insegnare al prossimo. E non è un caso dunque che le loro esternazioni politiche siano quasi sempre banali e prive della minima autorevolezza. Sostenendo Di Pietro Magris è convinto di aver scelto la moderazione contro l'estremismo. Pensa te a chi dovremmo dare retta.

Dai blog