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Una consultazione che non serve è un lusso inutile, anzi dannoso

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I campioni di questo pessimo spettacolo sono tutti coloro che hanno speso tempo, energie e parole su un tema tanto controverso quanto inutile, vale a dire la celebrazione (o il rinvio) del referendum sulla legge elettorale. Noi la pensiamo in modo chiaro: questo referendum va certamente rinviato al prossimo anno e poi eliminato, votando in Parlamento una riforma delle regole che governano le nostre elezioni. Con buona pace di Mario Segni, l'Italia di oggi non è quella dei primi anni '90. Il sistema politico è stabile ed anzi basato essenzialmente su due grandi partiti (appena nati tra l'altro), che si alleano con pochi altri soggetti per vincere nell'urna. Inoltre la legge elettorale in vigore (non esente da difetti) garantisce un ampio premio di maggioranza alla coalizione vincente, mettendo così al riparo il principio di governabilità della nazione. Non si vede proprio quale bisogno c'è di ammorbare il clima politico (come accaduto in questi giorni tra Lega e Pdl) per una questione che è di interesse nullo per gli italiani, fatti salvi quei duemila circa che competono con qualche chance per entrare alla Camera o al Senato. Il 2009 è l'anno della più violenta crisi economica da decenni; è l'anno del terremoto in Abruzzo; è l'anno secondo di una legislatura di cinque: cioè il momento di squadernare sul tavolo le riforme che nei primi 12 mesi la maggioranza ha messo a punto creando l'amalgama nella squadra di governo. In poche parole, «non c'è trippa per gatti». Il referendum è un lusso che non ci possiamo permettere, uno sfizio da tempi di vacche grasse che diventa scandaloso quando il barometro si mette al peggio. Ciò di cui abbiamo bisogno è un governo coeso e solido, che lavori come una falange a raddrizzare un Paese che da decenni cammina storto, vittima spesso di una sinistra (politica e sindacale) che ha quasi sempre messo bastoni tra le ruote anziché tirare la carretta. Berlusconi ha mostrato in questi mesi (da Napoli a L'Aquila) una prontezza di nervi esemplare. Governare l'Italia è difficile, forse non impossibile. Proponga lui stesso a Franceschini (e a D'Alema) di votare insieme il rinvio, dando così al Pd l'occasione per dimostrare di essere un partito e non una melassa informe. E se non trova l'accordo con loro vada avanti lo stesso, sventolando la bandiera del risparmio in tempi di crisi. Nelle case degli italiani c'è ansia di poche parole e molti fatti. Le strade pulite di Napoli, le tende blu dell'Abruzzo sono la prova che qualcosa si può fare in questo strampalato Paese. Mettere tutto in discussione per riportare Mario Segni (sia detto senza astio) al Tg1 delle 20.00 con un cartello in mano ci pare, francamente, stravagante.

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