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La Cgil da sindacato a guida politica della sinistra

Guglielmo Epifani alla manifestazione della Cgil

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Quando c'era da dare la spallata le due anime si univano. Marciavano sotto le stesse bandiere. Quelle del Pci e di parte dei socialisti si associavano a quelle della Cgil. Ma la strategia si decideva sempre a Botteghe Oscure. Così il movimento sindacale diventava una costola di quello partitico. Ma oggi è ancora così? Sicuramente no. La Cgil, pur con tutte le trasformazioni, i terremoti politici ha mantenuto le proprie caratteristiche. Certo gli iscritti sono un po' invecchiati, da anni i pensionati superano i lavoratori attivi. Ma questo non spiega tutto. La verità è che la Cgil, non ha sentito il bisogno di azzerare la propria storia, di annullarsi in un soggetto nuovo. Può celebrare senza alcuna autocritica i leader di ieri, da Di Vittorio a Luciano Lama. Vanta la continuità con le prime organizzazione operaie, anche se di operai ce ne sono sempre meno. Non che questo sia giusto o sbagliato, è un dato di fatto. La Cgil è quella, la stessa che abbiamo cononosciuto negli anni. E allora non c'è da stupirsi se a sinistra, con milioni di elettori che stentano a riconoscersi nei partiti che dovrebbero rappresentarli trovano, o possono trovare nell'antica organizzazione, un segno di continuità, un punto di riferimento. Forse l'unica speranza da tenere ben stretta. Così le parti sono invertite. Una volta era il Pci che andava in soccorso del sindacato, ricordiamo l'occupazione della Fiat all'inizio degli anni '80. Una sconfessione avrebbe impedito la protesta. Oggi è il contrario. È la Cgil che assume un ruolo politico, autonomo, di guida. Così può scendere in piazza per una manifestazione contro il governo, reclamando un ruolo non solo nella contrattazione. E i partiti di opposizione cosa fanno? Sono quasi obbligati ad aderire, compreso il leader del Pd, Franceschini, che pure con la storia di quel sindacato non ha nulla in comune. Non esserci non avrebbe indebolito il sindacato o la partecipazione di massa, ma un partito, che stenta ad affermare una propria identità, che si è rivelato incapace di amalgamare tradizioni e valori diversi e che resta unito solo nell'avversione al premier. Così anche dai numeri sulle presenze, dalla capacità organizzativa, appare evidente che Epifani può fare a meno del Pd o di Di Pietro. Gli altri non di lui. La cinghia di trasmissione è diventata il motore. Non solo, ma in una fase che sembra segnare il fallimento veltroniano del partito democratico, la Cgil si consolida anche come punto di riferimento per il futuro. Una situazione anomala con i partiti dell'opposizione condannati alla marginalità. Perchè un sindacato può anche supplire all'incapacità di mobilitazione delle forze politiche, ma non può candidarsi a governare, perchè non è attrezzato per questo. Perché può avanzare rivendicazioni, quasi mai progetti. Però quella manifestazione di sabato, pone dei dubbi. Il sindacato sembrava quasi un partito con il leader che parlava come il capo di uno schieramento. Se la battaglia dell'opposizione dovessere essere guidata da un sindacato, la strada per la costruzione di una sinistra di governo potrebbe essere definitivamente compromessa.

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