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...Gianfranco Fini per contrapporlo a Silvio Berlusconi, magari anche come potenziale candidato alla Presidenza della Repubblica, e per minare la solidità del Popolo della Libertà.

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Ilplauso espresso dal presidente della Camera per la sentenza della Corte Costituzionale contro alcune limitazioni alla fecondazione assistita, contenute nella legge che la disciplina, non ha rallegrato più di tanto l'opposizione. Essa è probabilmente consapevole delle lacerazioni alle quali potrebbe essere esposta cavalcando oltre misura il verdetto della Corte, sino a tentare un ulteriore allargamento delle maglie legislative. Eugenio Scalfari non ha intinto nuovamente la penna nel suo tossico inchiostro, come ha fatto invece domenica scorsa mentre nasceva il Pdl, per contrapporre "l'uomo di Stato" Gianfranco Fini al presidente del Consiglio, e invitare la sinistra a dargli credito sulla strada di una riforma costituzionale condivisa e della difesa della laicità dello Stato. Invito, in verità, lasciato cadere, se non addirittura rifiutato, dal baldanzoso segretario del Pd per paura di non poter reggere il confronto con la maggioranza, visto lo stato penosamente confusionale della sua parte politica. Questa volta Fini con la sortita sulla fecondazione assistita, che ricorda la sua ostentata partecipazione al referendum che tentò inutilmente di abrogare più di ciò che ora la Corte ha tagliato, rischia di essere in qualche modo strumentalizzato da Pier Ferdinando Casini, suo ex alleato e predecessore alla presidenza della Camera. Che prima lo ha accusato di non rispettare il Parlamento. Poi ha contestato le sue critiche al peso che avrebbero «dogmi di tipo etico-religiosi» su certe leggi approvate o ancora all'esame delle Camere, come quella sul cosiddetto testamento biologico, rinfacciandogli praticamente le origini fasciste del suo ormai ex partito. Infine ha lasciato che il segretario dell'Udc Lorenzo Cesa lo sfidasse di fatto alle dimissioni. Non si può certamente negare il carattere irrituale ed anche intempestivo del commento di Fini alla sentenza della Corte Costituzionale, espresso peraltro senza ancora conoscerne le motivazioni. Ma non meno irrituale, diciamo così, è la reazione di Casini. Il quale, impegnato proprio in questi giorni nel rilancio di un progetto che potrebbe sfociare nella trasformazione della sua Udc in un più vasto Partito della Nazione, o qualcosa del genere, mostra una certa insofferenza per il contributo dato da Fini alla collocazione centrista del neonato Popolo della Libertà. La concorrenza per lui si è fatta più difficile. E gli fa dimenticare che di solito quanti si avvicendano ai vertici parlamentari evitano di contestarsi il modo in cui hanno svolto o svolgono le loro funzioni. Francesco Damato

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