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Berlusconi-Lega, si cerca la quadra a tavola

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Incassato il federalismo fiscale la Lega è decisa ad avviare il processo per quello costituzionale e a difendere la legge elettorale dicendo un secco no al referendum. Il giorno dopo la nascita del Popolo della Libertà gli uomini del Carroccio fanno sentire forte la loro voce, mettendo sul piatto anche il nodo dele candidature per le elezioni amministrative che in queste ultime settimane si è ingarbugliato. Alla cena di Arcore il premier Silvio Berlusconi, i neocoordinatori del Pdl, Ignazio La Russa, Sandro Bondi, Denis Verdini, insieme con Umberto Bossi si sono incontrati ieri sera per cercare di trovare la «quadra», per usare un termine caro al leader del Carroccio. La Lega non ha alcuna intenzione di rinunciare alla riforma federale dello Stato e il ministro per la Semplificazione legislativa, Roberto Calderoli, ha già pronta una bozza costituzionale che presenterà ai capigruppo di Camera e Senato. Raggiunto il federalismo fiscale, secondo Calderoli, dovrebbe essere più semplice raggiungere un accordo su quello federale che prevede la riduzione dei parlamentari, la fine del bicameralismo perfetto, l'istituzione del senato federale. Il no al referendum sulla la legge elettorale scritta da Calderoli è un altro punto irrinunciabile per il Carroccio: «Sono colpevole di averla voluta fare nel 2005 - ha ricordato il ministro - a colpi di maggioranza e faccio il mea culpa». Il referendum, appoggiato anche da Alleanza nazionale, per la Lega è solo uno spreco di soldi e Calderoli, che definì la sua legge una «porcata», è convinto che avrebbe avuto senso solo durante il governo Prodi che si reggeva su un solo senatore. «La maturità della politica e dell'elettorato», ha spiegato, ha già risolto questo problema di frammentazione. D'altra parte se passerà il federalismo costituzionale, con una sola camera a dare la fiducia al governo e la seconda trasformata in senato federale, saranno necessarie leggi elettorali diverse. Anche in base all'accettazione o meno da parte del Pdl dei temi cari alla Lega, Umberto Bossi è pronto a trovare un accordo sulle candidature per le quali, solo qualche settimana fa, Berlusconi aveva annunciato l'intesa. Sono molte, invece, le province e i comuni, dal Piemonte al Friuli, dove non è stato trovato alcun accordo. C'è, per esempio, il caso Brescia con Giuseppe Romele, fortemente voluto dal ministro bresciano Mariastella Gelmini, al quale la Lega oppone Daniele Molgora, sottosegretario all'economia. È scontro anche per la provincia di Torino e molte caselle devono essere riempite in Veneto. Il Pdl, d'altra parte, è intenzionato a far pesare la sua forza elettorale nel Nord dove in tutte le regioni risulta il primo partito. E non è solo quella la partita aperta. La Lega inssite anche sulla Rai. Vuole Antonio Marano quale vicedirettore generale unico, escludendo eventuali candidature di esponenti di An. Non solo, ma chiede anche deleghe pesanti. Appunto. Il punto sono le richieste. Un punto spinoso se lo stesso Cavaliere una settimana fa arrivò a sbottare: «La Lega chiede sempre e non dà mai». Un rapporto che si è ulteriormente aggravato negli ultimi giorni dopo che il Carroccio ha posto anche lo stop al piano casa a cui il Cavaliere tiene in modo particolare. Certo, Berlusconi è il garante di tutta la coalizione. E così, ai problemi posti da Fini, ha evitato di dare una risposta nella sua replica di domenica. I problemi restano sul tappeto. E il premier deve trovare una soluzione.

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