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"Ma anche le magre sono un problema"

Guido Calenda, docente universitario

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C'è quello della qualità dell'acqua e quello che si riflette sulle condizioni dei laghi di Castelgandolfo, Bolsena e Bracciano. E sono problemi da non sottovalutare, come osserva Guido Calenda, docente di «costruzioni idrauliche» alla facoltà di Ingegneria di Roma Tre. Che tipo di problemi abbiamo di fronte, professore? «Ce ne sono di tre tipi. Le indondazioni, l'esaurimento delle risorse idriche e la qualità delle acque. La Città Eterna, dall'inizio del '900, grazie ai muraglioni e poi anche per merito del serbatoio artificiale di Corbara, è abbastanza difesa dalle inondazioni. Un sistema che funziona perché il fiume, durante questi eventi eccezionali, inonda la valle a monte di Roma. Ma, se si proteggerà la valle per favorire l'espansione urbanistica in quella zona, come ho sentito dire, tale equilibrio verrà alterato». Quali altri pericoli in caso di piena? «I barconi, che prima erano tutti in legno e quando sbattevano contro i ponti andavano in pezzi, oggi sono di materiali più resistenti e possono ostruire il flusso dell'acqua». Ma l'ultima piena è stata davvero eccezionale? «No. È solo una questione di percezione. Corbara ha ridotto la frequenza delle piene e l'ultima davvero importante c'è stata nel 1937». Le autorità hanno gestito bene la situazione? «Sì, forse l'impatto è stato sopravvalutato. Ma lo dico col senno del poi...». Parliamo delle magre. Che rischi comportano? «Le magre del Tevere, che ha visto ridursi la sua portata da dopo la seconda guerra mondiale in avanti per l'uso indiscriminato delle risorse idriche, si riflettono sui laghi della regione». Faccia qualche esempio concreto «A causa dei prelievi nelle falde acquifere per l'irrigazione, l'industria e l'acqua potabile da parte delle aree circostanti, i livelli del lago di Castelgandolfo sono sensibilimente e progressivamente calati. Analoga, ma meno grave, la situazione a Bracciano e sempre a rischio quella di Bolsena. Almeno se continuano ad aumentare i prelievi». Le conseguenze? «L'emissario del lago di Castelgandolfo non ha più acqua già da un pezzo, quello di Bracciano è quasi esaurito e in quello di Bolsena la portata è diminuita sensibilmente. Tutto ciò produce un danno ambientale ai laghi. A Roma Tre è appena finito uno studio sui bacini laziali e so che la Provincia di Viterbo si sta mobilitando in tal senso. Le acque, diciamo così, un po' si muovono, ma serve più attenzione sul problema». Passiamo alla qualità delle acque. «Si è fatto molto per migliorarla e oggi il 90% del liquame romano raggiunge i depuratori. Il fatto è che la fognatura della Capitale è stata concepita e progettata in un'epoca in cui la sensibilità ecologica era scarsa. Nelle fogne si formano dei sedimenti che, quando piove, vengono dilavati dalle acque e questo causa periodiche morie dei pesci, come accadde nel 2002. Inoltre le dighe hanno interrotto la comunicazione fra pesci a monte e a valle e sarebbe bene intervenire con delle "scale", dei canali che superino il blocco delle dighe». Rifaremo il bagno nel Tevere, come in «Poveri ma belli»? «Io non credo che lo farei». La soluzione? «È un problema di investimenti e questo certo non è il momento più favorevole. Ma per non spendere soldi inutilmente bisogna fare ricerca. Abbiamo ricercatori giovani e bravi. Quasi sempre, però, sono vittime del precariato».

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