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Messico, il paradiso turistico rischia di implodere

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Messico, il paradiso dei turisti. A febbraio scorso il Pentagono ha indicato il Pakistan ed il Paese centro-americano come le due nazioni più a rischio di divenire «Stati falliti». Per quanto riguarda il Pakistan, questa affermazione non giunge inaspettata. Ma per il Messico, la dodicesima economia del pianeta e, dopo il Canada, il secondo partner commerciale degli Stati Uniti e determinante fornitore di petrolio, l'essere additato come Stato a rischio di collasso è certamente gravissimo. Le dichiarazioni da parte degli Usa hanno provocato una dura e ferma risposta da parte del Presidente messicano Felipe Calderon. Quest'ultimo ha rigettato con veemenza ogni paragone con uno Stato fallito. Ma, secondo il generale Barry McCaffrey, eroe di Desert Storm ed ex responsabile durante l'Amministrazione Clinton della politica anti-narcotici statunitense, gli ultimi sviluppi in Messico sono una vera e propria minaccia alla sicurezza nazionale degli Usa. Il generale sostiene infatti che Washington non può assolutamente permettersi di avere un «narco-Stato» alle proprie frontiere. Solo nel 2008, sono state oltre seimila le vittime delle lotte tra i vari cartelli della droga e dall'inizio di quest'anno oltre mille. Basti pensare che Joaquin «el Chapo» Guzman, boss di uno dei cartelli più importanti del Paese, è dopo Bin Laden il ricercato «most wanted» degli Stati Uniti. I principali cartelli sono quattro e prendono il nome dalle loro aree di influenza, quello di Sinaloa, quello del Golfo, quello di Tijuana e in ultimo quello Juarez, per un giro di affari complessivo di oltre 13 miliardi di dollari annui. Il governo messicano, dal dicembre 2006, da quando il Presidente Calderon ha dichiarato guerra ai cartelli e ha dispiegato circa 45mila soldati nelle zone del narcotraffico, ben oltre 10mila persone sono morte. Ma la vera battaglia è per la legalità. Lo scorso novembre Noe Ramirez, il magistrato incaricato contro il crimine organizzato del Ministero della Giustizia federale, è stato accusato di ricevere oltre 450mila dollari al mese da parte del cartello di Sinaloa. Ramirez doveva passare informazioni ai boss sulle attività investigative che li riguardavano. La gang dei «Los Zetas», braccio armato dei trafficanti, è composta da ex commandos delle Forze speciali messicane. In un Paese federale dove vi sono 32 forze di polizia ed oltre 1.600 unità a livello municipale, il coordinamento è una semplice chimera. Se la comunità internazionale non aiuterà realmente il Messico, il Paese rischierà di implodere. Messico, un paradiso per i turisti, un inferno per molti dei suoi cittadini. *Presidente Ce.S.I. - Centro Studi Internazionali

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