Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Caffarella, romeni liberati e riarrestati

Racz e Loyos

"Il Dna ancora non ha un nome"

  • a
  • a
  • a

{{IMG_SX}} La libertà è durata soltanto alcuni minuti. Il romeno accusato dello stupro della Caffarella, Alexandru Isztoika Loyos, detto il «biondino», non ha avuto neanche il tempo di realizzare che il Tribunale gli aveva concesso la libertà che gli è stata notificata un'altra ordinanza di custodia cautelare in carcere con l'accusa di calunnia e autocalunnia. Dopo una lunga camera di consiglio i giudici del Riesame di Roma hanno infatti accolto le istanze di scarcerazione avanzate dai difensori dei due stranieri chiusi dietro le sbarre perché ritenuti responsabili di violenza sessuale e rapina ai danni della coppia di fidanzatini aggrediti il giorno di San Valentino. Contemporaneamente però il gip Guglielmo Muntoni, su richiesta dal pm romano Vincenzo Barba, firmava un altro provvedimento restrittivo contro il romeno di 20 anni. Questo perché inizialmente aveva confessato lo stupro, chiamando in correità Karol Racz, il romeno «faccia da pugile» per poi, in sede di interrogatorio di convalida del fermo, ritrattare e affermare di aver confessato perché aveva subito pressioni psicologiche. Smentite categoricamente dalle forze dell'ordine e dalla videoregistrazione dell'interrogatorio. Durante l'udienza di fronte al Riesame, il sostituto procuratore aveva chiesto ai giudici di confermare la misura cautelare sulla base del riconoscimento testimoniale fornito dai due minorenni, nonché sulla confessione del «biondino» e sulla base della testimonianza di un medico che quel giorno avrebbe visto i due romeni al parco della Caffarella mentre lui faceva jogging. Lo straniero di 36 anni, Karol Racz, anche se il Riesame ha annullato l'ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari, rimane comunque nel penitenziario di via della Lungara perché accusato di aver violentato la donna di 41 anni nel quartiere Quartaccio, a Roma, il 21 gennaio scorso: uno stupro avvenuto non appena la vittima dell'aggressione è scesa dall'autobus della linea 916. Pesanti, infine, le pene previste dal codice penale per il reato di calunnia e autocalunnia. Per la prima, la reclusione da 4 a 12 anni se dal fatto deriva una condanna superiore a 5 anni e da 6 a 20 anni se dal fatto deriva una condanna all'ergastolo. Di autocalunnia risponde invece chiunque mediante dichiarazione a un'autorità incolpa se stesso di un reato che sa di non aver commesso o di un reato commesso da altri. La pena prevista va da uno a tre anni di carcere.

Dai blog