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"Mancano ancora atti concreti"

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«Insomma sono stati indicati gli obiettivi ma mancano ancora gli strumenti concreti per raggiungerli» spiega a Il Tempo Paolo Savona, economista e presidente di Unicredit Banca di Roma. I Paesi sono troppo lenti nelle loro decisioni? «Se la tabella di marcia è quella che abbiamo visto finora penso di sì. Il comunicato finale del precedente meeting tenuto a Washington aveva indicato 47 nuove regole da applicare in funzione anticrisi. Diciannove di queste prescrizioni erano di lungo periodo, le altre dovevano essere prese nel breve termine. Erano dettagliatissime e precise. Siamo a metà febbraio e non si è visto nulla di quanto stabilito. Siamo rimasti nel campo del generico».   Il quadro non è ottimistico? «Il G7 dei ministri finanziari ha ribadito la volontà di stabilizzare i mercati finanziari e questo è un elemento positivo. Le cause della crisi finanziaria sono ormai chiare, ma la sensazione è che non si trovi ancora un consenso».   Cosa manca? «La fiducia. La crisi non ha ancora espresso il suo massimo potenziale negativo. Le cose cambiano solo quando si ristabilisce la fiducia, che può tornare solo se alle promesse seguono atti concreti. Una cosa che finora non è accaduta. Un esempio è il ripetuto no secco al protezionismo. A parole sono tutti d'accordo che va evitato e il G7 finanziario ha rinnovato un impegno solenne di rigettare ogni tentazione in tale direzione, ma assistiamo quotidianamente all'introduzione di vincoli alle frontiere e al ricorso agli aiuti di Stato, che altro non sono che forme di protezionismo interno, al di qua della frontiera. Queste misure allontanano la soluzione della crisi».   La chiave per uscire dalla crisi è dunque il ritorno della fiducia? «È un aspetto fondamentale. Senza fiducia sarà difficile che un salariato accetti l'invito a tornare a consumare e un imprenditore quello di ricominciare ad investire. Per questo dai governi si aspettano decisioni comuni nei consessi internazionali e coerenza nei comportamenti nazionali».   C'è un elemento positivo nel documento finale del G7 finanziario? «Gli obiettivi di stabilizzare i mercati e di non ricorrere al protezionismo sono corretti, ma non basta ripeterlo, occorre prendere concrete decisioni. E bisogna fare in fretta per arrivare preparati agli appuntamenti cruciali del G20 in aprile e del G7 all'inizio di luglio».   Cosa si aspettano i mercati? «Ripeto decisioni coordinate e concrete. I mercati si attendono di conoscere se gli Usa vogliono riprendere la guida del processo di stabilizzazione finanziaria o se vogliono continuare a procedere da soli. Gli Usa hanno bisogno di 1000 miliardi di dollari per finanziare la ripresa ed è lecito domandarsi se il resto del mondo è disposto a concederli oppure se faranno da soli affidandosi ai finanziamenti della Fed, la Banca Centrale Usa, inondando i mercati di dollari di nuova creazione, con conseguenze sull'inflazione e sul cambio del dollaro».   Qual è la sua idea per uscire da questo momento? «Occorre innanzitutto che gli scambi globali avvengano sotto lo stesso regime di cambio. Se si scelgono i cambi flessibili, allora bisogna dare garanzie ai possessori di riserve ufficiali in dollari per evitarne svalutazioni degli stock in essere, altrimenti le cose restano come sono e ciascuno mantiene il regime che ha scelto perché gli accordi internazionali lo consentono. Inoltre che le politiche economiche e di sostegno alla domande interne vengano coordinate a livello globale. Infine che le regole per stabilizzare i mercati finanziari siano poche, chiare e vengano effettivamente applicate».  

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